ROBERTO OLIGERI
Cronaca

"Cercavano i partigiani negli armadi. Noi, sfuggite al massacro di Valla"

Le testimonianza di Luisa Chinca e Adelitta Musetti. "Gli scarponi degli americani ci ’dissero’ che eravamo liberi"

Massa, 26 aprile 2022 - Luisa Chinca, è la signora che il 25 agosto 2019 venne ricevuta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal suo omologo tedesco Frank Walter Steinmeier durante la visita ufficiale congiunta fatta a Fivizzano per il 75° anniversario degli eccidi nazifascisti nel territorio. In uno di questi, quello di Valla, avvenuto il 19 agosto ‘44 nella campagna attorno San Terenzo, Luisa aveva perduto la mamma e quattro zie uccise dalle SS del maggiore Walter Reder nel contesto di un massacro che comportò, nell’arco di poche ore, 160 vittime civili.

A soli 5 anni si ritrovò con un fratello di qualche anno più grande a vivere con un padre e una nonna impazziti dal dolore in un paese distrutto. "Il terribile supplizio accaduto al nostro paese non si era esaurito con la strage del 19 agosto – racconta – Fummo costretti a vivere tutto l’autunno e l’inverno a stretto contatto con le truppe tedesche di occupazione. Tutte le sere, a tarda ora, arrivavano le SS in casa nostra: i soldati, armati fino ai denti, mitra spianato, pugnale infilato negli stivali, gridando come ossessi perquisivano tutte le stanze alla ricerca di partigiani. Li accompagnava mia nonna a cui facevano aprire tutti gli armadi, mentre mio padre, nascosto in una nicchia sotto un sofà, pregava l’Onnipotente che non lo scoprissero... Siamo vissuti così nel terrore fino agli ultimi giorni di aprile, prima della liberazione".

"Come la stragrande maggioranza dei compaesani, con mia mamma – racconta Adelitta Musetti, anche lei sopravvissuta – ci eravamo rifugiate nelle cantine del Palazzo Malaspina, di fronte il sagrato della chiesa, di proprietà dell’avvocato Mazzoni. Mura spesse oltre due metri che ci avrebbero protetto dal bombardamento americano in atto, almeno così si sperava. L’anno precedente, il 19 agosto, con mia mamma Alba Terenzoni che aveva 30 anni, mentre io solo quattro, eravamo miracolosamente sfuggite alla morte alla fattoria di Valla. Anche noi due infatti eravamo fra quella moltitudine di ostaggi uccisi poi dalle SS. Ci stavano facendo uscire in fila dalla fattoria per condurci nella piana del massacro, quando mia madre che aveva intuito la fine che ci aspettava , chiese all’ultimo soldato di guardia se poteva portarmi in casa a bere, che avevo sete. Era una scusa, lei conosceva bene quella casa e sapeva che vi era una finestra che guardava dall’altra parte verso il bosco. Mi strinse con sè e ci calammo sul tetto del pollaio riuscendo a raggiungere , senza essere viste, la boscaglia. Poco dopo, nascoste in una grotta, abbiamo udito interminabili raffiche, spari, urla e pianti. C’è voluta la forza di mia madre per raggiungere il fiume: pensavamo di essere in salvo, quando è giunta una pattuglia tedesca. Abbiamo assistito all’uccisione del mugnaio Isidoro Innocenti che stava annaffiando i fagioli nei pressi del fiume. Ci siamo salvate perchè mia madre mi ha tirato con lei sott’acqua nel gorgo più profondo, per non farmi gridare mi aveva tappato la bocca con un panno. Siamo rientrate alla sera tardi in paese, ci avevano già date fra i morti. Dopo questa terribile esperienza,pensavamo quindi di essere al sicuro almeno lì, rifugiate nelle cantine del Palazzo Malaspina in quel fine aprile del 1945. Fuori piovevano bombe, esplosioni e fiamme. Ad un certo punto,i cannoni cessarono e dagli spiragli del portone si potevano scorgere le gambe di alcuni soldati con strani scarponi: alti, come stivaletti che non facevano rumore.

“Sono gli americani – gridò un uomo – sono arrivati, siamo liberi“. Appena uscita fuori, non avevo ancora compiuto 5 anni - racconta Adelitta – ricordo la grande piazza della chiesa gr emita di soldati tedeschi fatti sedere a terra con le braccia dietro la schiena. Erano circondati da soldati armati di mitra. Sono trascorsi 77 anni ma ho sempre nitida la visione di quegli scarponi così particolari: sono stati loro ad annunciarmi la libertà".