
"Nostra madre è entrata in sala operatoria con le sue gambe e in buone condizioni, ne è uscita in coma irreversibile per una comprovata responsabilità medica, e dopo 271 giorni è morta": è quanto scritto nel ricorso in Cassazione, nel lungo iter giudiziario per il risarcimento civile, presentato dai fratelli spezzini Roberto, Stefano e Claudio Brondi, i figli di Andreina Calimeri morta a 72 anni per le complicanze di un intervento chirurgico eseguito all’ospedale Opa di Massa il 9 settembe 2005. In primo grado nel 2017 aveva condannato l’Asl 1 di Massa Carrara e il Consiglio nazionale ricerche (Cnr) che gestisce l’ospedale Opa “Pasquinucci“ a risarcire i tre figli per un importo totale di un milione e 320 mila, abbassato lo scorso luglio a 527mila euro dalla Corte di appello di Genova che aveva scagionato l’Asl e ritenuto responsabile solo il Cnr. Ora gli eredi Brondi, sostenuti dagli avvocati del foro spezzino Pier Paolo Zambella e Raffaella Ponari Deslarzes, chiedono alla Cassazione di annullare la sentenza dei giudici di secondo grado. "La relazione medica dei ctu del tribunale di Massa – spiega l’avvocato Zambella (nella foto) – ha “chiaramente rimarcato che le condotte attive e omissive del personale sanitario che ebbe in cura la signora Calimeri sono ravvisabili i profili di responsabilità colposa, in chiave di imperizia eo imprudenza“. La sentenza di Massa è stata ineccepibile". Nella sentenza di primo grado si legge che era stata differita un’udienza per chiamare in causa i medici Mattia Glauber, allora primario dell’Opa, Alfredo Cerillo, primo operatore e Paolo Del Sarto, anestesista. Chiamata in causa che l’avvocatura di Stato per conto del Cnr non perfezionò. "Presentammo querela ai carabinieri - rivela l’avvocato Zambella (nella foto) – ma la procura di Massa ha ritenuto che non vi fossero rilievi penali".
Guido Baccicalupi