FRANCESCA FREDIANI
Cronaca

Museo del marmo, fermi tutti: "Non sprechiamo un’occasione"

Gianpaolo Pezzica, figlio del progettista Giuseppe, chiede di ricordare il nome del padre. Dolci: "La struttura va bene così: basta rispettare lo statuto". Italia Nostra punta alla fruibilità.

Il Museo del marmo al centro di un progetto di restyling voluto dall’amministrazione comunale e dalla Camera di commercio

Il Museo del marmo al centro di un progetto di restyling voluto dall’amministrazione comunale e dalla Camera di commercio

Quel progetto non s’ha da fare. O meglio, s’ha da fare, ma con una menzione speciale. Stiamo parlando dell’intervento di riqualificazione del Museo del marmo presentato nei giorni scorsi da amministrazione, Camera di commercio e dagli studi dell’architetto Paolo Camaiora e Opera Engineering dell’ingegner Davide De Carli. Gianpaolo Pezzica, figlio di Giuseppe Pezzica, autore 58 anni fa dell’allestimento museale interno ed esterno insieme all’architetto Carlo Americo Lenzi (cui è dedicata una sala del museo) lamenta che l’illustre padre non sia stato minimamente ricordato nel progetto di recupero. Eppure il suo fu un intervento visionario, modernissimo, con tutti quei corridoi quasi a formare un labirinto, la Marmoteca, il bar di forma circolare coi pavimenti di marmo e legno rivoluzionari per l’epoca, tanto che oggi lo si salva ma ci si dimentica dell’autore.

"Il nuovo progetto mi piace, viene risistemato l’ingresso per i disabili, che ora non è a norma con quei gradoni, solo vorrei che fosse ricordato anche mio padre tra gli autori del progetto originale. La struttura architettonica fu un capolavoro di Enzo Bienaimè, ma l’allestimento interno ed esterno, con le fontane Maia e Gaia oggi distrutte, fu un capolavoro di mio padre e di Carlo Americo Lenzi". Anche Piero Donati, presidente della sezione apuo-lunense di Italia Nostra, plaude all’idea della trasformazione del giardino in parco pubblico e della fruibilità del bar senza pagare il biglietto. Però chiede che sia valorizzata anche la lapide posta nel ‘46 dagli anarchici della Fai e dalla Camera del lavoro al ricostruito ponte di San Martino, distrutto dai tedeschi, lapide che lo definiva "arteria indispensabile al benessere del paese", oggi dimenticata vista la fine della Ferrovia marmifera. Sul nuovo museo del marmo interviene infine anche l’ex direttore del museo Enrico Dolci, ricordando che lo Statuto del museo investì lo stesso di un compito ben preciso: tutela e valorizzazione del marmo per preservarlo come "bene culturale unico nel suo genere" scrive in una nota. "Che significato ha "ripensare" questa struttura, come è stato recentemente dichiarato dal direttore? A mio parere basterebbe proseguire nel programma delineato nello statuto e recuperare velocemente quanto ancora resta di originale sul territorio prima che sia troppo tardi".