
di Angela Maria Fruzzetti
Larisa, Vicoria, Elena, Miroslava: "E’ la parte più fragile della mia famiglia e sono contenta di averla con me - commenta Irina, maestra di danza, da dieci anni in Italia, a Massa Carrara. Gli uomini sono rimasti là, in Ucraina: "Anche volendo, non possono lasciare il paese". Larisa è la più grande, 63 anni , e ha lasciato in quella terra suo marito, i suoi due figli di 43 e 30 anni, suo nipote di 17. Con lei c’è Miroslava, 8 anni, avvolta in una grande giacca che abbraccia anche "Orsetto", il piccolo peluche che la bimba ha portato con sé, il suo preferito, il suo portafortuna sempre stretto al cuore. E’ la storia di una famiglia fuggita dalla guerra ma è la storia dell’Ucraina e del suo popolo martoriato. Una storia che viene raccontata durante l’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio al convento dei frati cappuccini di via San Francesco ocon le lavoratrici ucraine del nostro territorio, alcune famiglie appena arrivate, scappate dal conflitto russo-ucraino, durante l’incontro organizzato dagli stessi frati, che ha dato modo alla nostra comunità di conoscere con mano le loro vicende, toccare con mano le storie caratterizzate da grande preoccupazione per il futuro, nella speranza che il destino per loro torni ad essere nuovamente normale, roseo, lontano dalle bombe, dalla distruzione, dalla morte. "Io e il mio compagno siamo andati a Varsavia, a prenderle – racconta Irina -. Sapevamo che erano in movimento, ma non sapevamo quando e se sarebbero arrivate. Ci siamo mossi grazie all’aiuto di tanti amici, che ringraziamo". Il viaggio verso la frontiera polacca non è stato facile per le profughe.
"Sono partite dalla città di Kropynytskiy , nel cuore dell’Ucraina. L’aeroporto è stato bombardato. Una fuga di 4 giorni. Un giorno intero lo hanno trascorso sul treno per raggiungere Leopoli passando le zone dei bombardamenti. Il treno rallentava, viaggiando nel buio totale. Nessuno poteva accendere i cellulari, perchè anche una piccola luce avrebbe potuto essere un segnale pericoloso. Hanno viaggiato nel terrore delle bombe. Quando sono arrivate a Leopoli – prosegue Irina- hanno potuto riposare grazie all’accoglienza di amici e conoscenti. Poi hanno ripreso il viaggio per la frontiera e sono state accolte dai polacchi. La Polonia sta dando un grande aiuto a tutti i profughi". A Varsavia c’erano Irina e il suo compagno, arrivati su un furgone dopo 16 ore di viaggio: "Quando sono andata a prenderle ho sentito un grande sollievo – dice Irina - . Ho pensato "la parte più debole della mia famiglia è con me". Questo grazie anche al mio compagno italiano e tanti amici che ci hanno aiutato e che ringraziamo". Larisa osserva, con gli occhi gonfi di lacrime.
Cosa significa per lei, mamma e nonna, aver lasciato la sua terra? Cosa racconta questo drammatico viaggio? "Un enorme dolore, una enorme preoccupazione perchè ho lasciato là i miei due figli – commenta - . Non volevo partire, volevo restare con loro. Muoiono tante persone civili, innocenti. E anche tanti bambini muoiono nei rifugi, senza gli aiuti umanitari. Mi hanno convinta a lasciare l’Ucraina, Irina e il suo compagno, Victoria. La vita era diventata urli di sirene, rifugi e bombardamenti, paura e dolore. Cosa sogno? La pace, per poter tornare a casa, con la mia famiglia. La patria è patria. Troppo dolore".
Piangono gli occhi di mamma Larisa, così come piangono quelli di Victoria, pensando al suo giovane sposo rimasto in Ucraina, padre di Miroslava, la bambina dolce dalle treccine bionde che ogni sera vorrebbe vederlo, il suo papà, in video chiamata, ma non sempre è possibile. E non c’è niente di più triste per una bambina sapere che il babbo è rimasto là, intrappolato in quell’assurda guerra dei grandi. La speranza è che questo conflitto bellico possa finire il prima possibile, così che possa riabbracciare il genitore, tornare a sorridere con lui e gettarsi alle spalle questa assurda guerra.