Massa, 14 marzo 2019 - Un incubo. Ecco come è il viaggio in treno che ogni mattina tutti noi studenti «pendolari», diretti all’Università di Pisa, siamo costretti a subire. Sono le 7.45. Io sono appena salita su un treno, proprio quello che parte alle 6.53 da La Spezia Centrale diretto a Pisa e che sarebbe dovuto arrivare alla stazione di Massa quindici minuti fa. Un treno gremito di persone, che costringe tutti noi passeggeri ad essere ammassati nei corridoi dei vagoni. Non ci sono sedili liberi e noi siamo qui, obbligati a restare in piedi, schiacciati l’uno contro l’altro. Una studentessa a fianco a me brontola: «Non è possibile viaggiare in questo modo, non si respira!». Nella ressa quasi non arriva ossigeno, si suda e pare davvero di trovarsi all’interno di un carro bestiame. È angosciante, per chi deve recarsi tutte le mattine a Pisa, pensare di dover salire sul treno con la consapevolezza di non riuscire a trovare un posto a sedere. Il treno prosegue la sua corsa, ma ogni fermata è un inferno: le persone si affollano davanti alle porte e spingono per entrare. Gli spazi si restringono e sembra quasi che la carrozza esploda da un momento all’altro. L’aria si fa sempre più pesante e l’impossibilità di muoversi sempre maggiore. Siamo tutti come attanagliati in una morsa, senza via di fuga (a proposito... ma la sicurezza dei viaggiatori, così, è garantita?!?). Un ragazzo sbotta:
«Ma qualche vagone in più? È così difficile?». Il malcontento è generale e, nonostante ciò, ad ogni fermata continua a salire gente, che si accalca nei corridoi e davanti alle porte del treno. Dopo un lungo calvario, arriviamo a Pisa San Rossore ed io, insieme alla maggior parte dei ragazzi, scendo. Finalmente tutti noi «povere sardine» possiamo liberarci di questo incubo. Sono le 8.25, ma saremmo dovuti arrivare circa un quarto d’ora fa. La mia lezione inizia tra 5 minuti, così mi avvio verso l’ateneo, consapevole di non riuscire ad arrivare in tempo per il corso. Mentre cammino, mi rendo conto che questi vagoni sovraffollati non solo creano disagi, ma rallentano automaticamente anche la corsa del treno. Infatti per far salire ad ogni fermata gruppi numerosi di persone, che come me si recano all’università, il treno è costretto a fare soste più lunghe, per permettere ai passeggeri di «accomodarsi» a bordo.
Ecco che tutti noi dobbiamo «lottare», prima per poter salire e poi per poter arrivare in tempo al corso. Sono le 8.30. Dietro di me, alcuni studenti si lamentano: «Il nostro professore non ci fa entrare in aula in ritardo! Ci toccherà aspettare l’ora successiva...». Inizio quindi ad accelerare il passo per giungere il prima possibile a lezione, già certa di perdere la prima parte della spiegazione.