
Da 90 anni l’Osteria da Bussé sfama buone forchette. Ne è passata di acqua sotto i ponti sulla Magra da quando i fratelli Pietro e Maria Bertocchi acquistarono l’osteria Piagneri Seratti nel vicolo del Duomo trasformandola in una vera sagrestia del gusto. Poi il capostipite Pietro sposò Aida Angella e sfornò cinque figli: Anita, Angiolina, Antonietta Isa e Luciano. Tutti coinvolti nelle fortune future del ristorante che ha attraversato quasi un secolo di storia pontremolese. Ora al timone della vecchia osteria c’è Paolo Caponi, laureato in Scienze gastronomiche alla Facoltà di Agraria e chef con l’aiuto di assistenti giovani e preparati. "Abbiamo riaperto lo storico locale accanto alla Cattedrale dopo l’addio della famiglia Bertocchi da un paio d’anni - spiega il titolare -, proponiamo i piatti tradizionali della culinaria locale che vengono preparati al momento per valorizzare al meglio i sapori e i profumi e mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche degli ingredienti. I nostri ospiti possono trovare all’interno del menù una ricca scelta di cibi dai testaroli artigianali, che è una delle nostre bandiere, ai tortelli di erbe fatti in casa, lasagne, ripieni di verdure, secondi piatti con carni varie tutte di produttori locali e con l’aggiunta di qualche novità legata al turn over in cucina. Ad esempio cuciniamo anche il pesce. Ma anzitutto cerchiamo di tenere alta la tradizione gastronomica pontremolese.
Che cosa chiedono più frequentemente i clienti forestieri? Ovviamente la superstar è il testarolo gettonato da stranieri e italiani provenienti da regioni diverse, poi i tortelli conditi con il nostro olio, visto che abbiamo anche un’azienda agricola che lo produce localmente. Da non dimenticare le torte, in particolare quella d’erbi nella stagione estiva, ma con l’impasto "al crudo", una modalità tipica della cultura gastronomica locale". Una precisazione irrinunciabile perché in Lunigiana per cucinare questo tipo di torta c’è anche chi strizza e scotta le erbe, chi le taglia e lava con acqua tiepida e chi addirittura le fa soffriggere in padella. Ma la ricetta pontremolese, con gli erbi cotti sotto sale, è davvero intoccabile per i vecchi buongustai. La prima notizia di torte nel territorio è contenuta nelle memorie di Giovanni Antonio da Faye (1433), già a quel tempo le torte di verdura cucinate con ingredienti di campo rappresentavano il lato "b" dell’alimentazione quotidiana nei mesi delle belle stagioni. Abituati a cibi preparati con la farina di castagno i consumatori potevano cambiare menù grazie alle erbe alimentari. E’ nata così la tradizione tenuta in caldo da chi ha tramandato la liturgia dei raccolti, dei focolari, dei profumi caserecci arrivati sino ai nostri giorni grazie al passaggio di testimone generazionale della cultura culinaria locale. Attenzione c’è differenza tra torta "d’ erbi" e "d’erbe".
La prima è preparata solo con le bietole, l’altra con erbe spontanee, tra cui pimpinella, finocchio selvatico, cime d’ortica, orecchie d’asino e boraggine, tarassaco che offrono una varietà di sapori e di gusto. L’Osteria da Bussé 1930 vanta un nome e credenziali davvero di alto livello.
E’ un’eredità pesante?
"E’ un onere e anche un onore - aggiunge Paolo Caponi -. E’ una doppia chiave di lettura per varcare le soglie della quotidianità tra pentole e padelle. Ma c’è entusiasmo e consapevolezza della storia che stiamo scrivendo perché siamo un’immagine del paese. Questa tradizione culinaria va tramandata e non persa. E quest’impegno cerchiamo di rispettarlo ogni giorno cercando di onorare i predecessori".
N.B.