REDAZIONE MASSA CARRARA

Il robot antropomorfo scolpisce la Pietà Rondanini

La copia in marmo è stata realizzata da TorArt a Fantiscritti per le "prove generali" dello spostamento dell'opera di Michelangelo in vista dell'Expo

La copia della pietà incompiuta di Michelangelo

Carrara, 19 marzo 2015 - TORART partecipa allo spostamento della Pietà Rondanini che, dal 2 maggio, dopo aver trascorso 60 anni nella Sala degli Scarlioni del Castello Sforzesco di Milano, verrà proposta al pubblico, in occasione di Expo 2015, nell’ex Ospedale Spagnolo, sempre all’interno del castello. Un’operazione delicatissima, quella di spostare il meraviglioso incompiuto di Michelangelo, talmente delicata che i responsabili del progetto hanno pensato bene di fare ‘le prove generali’ e l’hanno fatto con una copia identica all’originale realizzata proprio nel laboratorio dei giovani di TorArt, a Fantiscritti.

«La Pietà – spiega Giacomo Massari, socio, assieme a Filippo Tincolini e Giada Rossini, dell’avveniristico laboratorio – è stata riprodotta nello stesso materiale usato secoli fa dal suo autore: marmo bianco tratto dalla cava del Polvaccio. Un lavoro che ci è stato commissionato dalla Unocad di Vicenza, una ditta con la quale collaboriamo da anni: loro hanno fatto i rilievi tridimensionali e noi la scansione». Non si tratta della prima riproduzione di famosissime opere d’arte che Torart realizza. Per farlo si serve del suo favoloso impianto robotico fatto apposta per le restituzioni storiche in marmo nelle quali la fedeltà all’originale dev’essere estrema. Si tratta di un robot antropomorfo, ovvero dotato di un vero e proprio braccio che riproduce quello umano capace di tradurre un file tridimensionale in materia. Proprio come quello di un uomo, il braccio è capace di impugnare e manovrare diversi attrezzi portando i propri movimenti ad un livello di precisione che va sotto il decimo di millesimo di millimetro. Grazie al robot, oltre alla Pietà, sono già stati realizzati un Adone e Venere del Canova per il museo d’arte e storia di Ginevra, Le Tre Grazie, sempre del Canova, per l’Accademia di Belle Arti di Perugia, il busto di una Primavera di autore sconosciuto per l’Hermitage di San Pietroburgo.

 

Ma c’è un altro gioiello ‘futuristico’, lì tra le più note delle nostre cave, dove ha sede Torart: si tratta di un sintetizzatore laser capace di realizzare copie ultraleggere di sculture ‘ultrapesanti’. «Spesso vanno nei musei – spiega Massari – dove c’è bisogno di copie che non pesino troppo, per i più diversi motivi. Non di rado, in scala ridotta, vengono vendute. Allora, al posto del marmo, forniamo un materiale plastico composito che assomiglia in modo a dir poco impressionante al marmo stesso. L’operazione che abbiamo fatto con la Pietà – sottolinea Massari – conferma quanto la tecnologia sia importante non solo per realizzare nuove opere, ma anche per il mantenimento della storia dell’arte italiana». Possiamo dire che, dopo 11 anni, quando ancora si trovava in quella Torano che partecipa al suo nome, Torart è divenuta conosciuta ed apprezzata nel mondo.

Stefania Grassi