La Spezia, 9 aprile 2020 - «Albiano, come il Morandi, mancava di robustezza strutturale e in questo tipo di ponte, se si innesca una causa di degrado, la situazione si aggrava lentamente ma rischia di precipitare in un attimo: a un certo punto un elemento si rompe e crolla tutto, ogni pezzo trascina giù l’altro".
Roberto Vallarino, amministrazione delegato della Itec Engineering, prova a immaginare cosa può essere successo ieri mattina al ponte che da oltre un secolo collegava Caprigliola ad Albiano. Può solo azzardare ipotesi, ma con qualche certezza, perché i ponti non solo li progetta da anni in tutta Italia e all’estero ma li controlla anche: il suo staff è impegnato nelle verifiche di una decina di impalcati autostradali. E le relazioni sui controlli al ‘Morandi’ le ha lette quando è stato chiamato a fare le verifiche di sicurezza prima dello smontaggio e della demolizione della parte strallata che il crollo non aveva abbattuto.
«Gli stralli, teoricamente, lavoravano a metà del carico: 7200 chili a centimetro quadro quando potevano resistere a 15mila. In condizioni ordinarie ovviamente: l’ammaloramento ha comportato l’aumento di tutta una serie di tensioni, ma basta, c’è l’indagine della Procura... – spiega – Non bisogna leggere i numeri in modo asettico. Una fessura può essere il sintomo di un problema strutturale: servono indagini approfondite per individuarne le cause perché magari il problema reale non è dove si manifestano le prime avvisaglie. Ci passavano i miei collaboratori lì sopra e mi raccontavano che quando erano fermi in coda lo sentivano vibrare: ci sono ponti che vibrano perché sono stati studiati per farlo, ma quello non era un ponte che doveva far percepire vibrazioni". Eppure c’è chi le ricorda come "un terremoto", chi racconta che sembrava di "ballare".
Le crepe rattoppate con un po’ di asfalto, le vibrazioni. I segnali che qualcosa non andava per gli abitanti erano arrivati forti e chiari da tempo. Non per Anas. "Nella vita utile di un ponte – spiega l’ingegner Vallarino – l’elemento fondamentale è la cura dei dettagli: appoggi, pile, spalle, regimazione delle acque. Si possono e si devono controllare e curare. Perché basta che i pluviali non funzionino più, che l’acqua non vada dove deve, magari filtra dentro il calcestruzzo, lo degrada, penetra all’interno, ingrossa l’armatura e alla fine quel pezzo non regge più, esplode. Nelle strutture concepite come il Morandi e quella di Albiano se un pezzo cede il ponte non è più in grado di stare in piedi, uno trascina l’altro come in un domino. I progetti oggi si fanno prevedendo le rotture, in modo che se anche cede un elemento sostanziale gli altri comunque tengono il ponte in piedi". E poi ci sono i piani di manutenzione che vengono consegnati dagli ingegneri insieme ai ponti, ma sembra finiscano nei cassetti. "La manutenzione costa – dice Vallarino – ma il danno economico e sociale di un crollo è incalcolabile".
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