I falò di Pontremoli entrano per la prima volta nel calendario delle manifestazioni regionali di rievocazione storica dell’anno 2024. Alle spalle di questi eventi, straordinari sotto il profilo della capacità di animazione di luoghi e comunità locali, operano spesso gruppi e organizzazioni senza fini di lucro impegnati nell’organizzazione e nella conservazione e diffusione di tradizioni, usi e costumi tipici del luogo che vengono così tramandate. Con la legge regionale numero 5 del 2012 la Toscana ha avviato un importante percorso di riconoscimento, sostegno e valorizzazione del mondo delle associazioni e della realtà delle manifestazioni di rievocazione storica.
"Il comune ha seguito l’iter per inserire i falò storici pontremolesi" spiega l’assessore Manuel Buttini. Grazie al professor Paolo Lapi abbiamo documentato la tradizione poi sostenuta nel comitato regionale delle rievocazioni storiche di cui Pontremoli faceva già parte per Medievalis. La legge regionale 27 consente inoltre un maggior coinvolgimento delle amministrazioni locali anche attraverso gli strumenti normativi della co-progettazione fra enti e associazioni 175.
In provincia di Massa sono sette: oltre i due falò di Sant’Antonio e San Geminiano figurano Anno Domini 1100 (Casola) la Disfida fra gli acriceri di terra e di Corte (Fivizzano), la Giostra dell’Anello della Quintana Cybea (Massa), i Mestieri del Borgo ( Filattiera), Medievalis (Pontremoli). Arriva dunque il tempo dei falò. Grandi pire che brillano nel cielo per ricordare gli antichi riti pagani, legati al culto del sole e del fuoco per il solstizio d’inverno, successivamente cristianizzati e legati alla liturgia della chiesa. Una tradizione che vive con forza a Pontremoli dove come i guelfi e ghibellini medievali le due contrade di San Nicolò e del Duomo diventano avversari nell’antica disfida e l’ evento cittadino è atteso e sentito come un derby calcistico, con le tifoserie faziose e calde al punto giusto nella speranza di applaudire lingue di fuoco alte e splendenti nel cielo freddo delle notti all’ombra del Campanone.
Ma da qualche anno ha ripreso forza anche la tradizione di un altro falò, quello di Sant’Ilario che si brucia poco distante dall’oratorio vicino al castello del Piagnaro e che vanta una tradizione a partire dalla fine del XIX° secolo. Le date degli ’spettacoli’ sono 13 gennaio ( Sant’Ilario), 17 ( Sant’Antonio) e 31 (San Geminiano) con orario alle 19 circa. "La denominazione ‘falò’ deriva dal latino ‘fallodia’ che significa fuoco per allegria – spiega il professor Polo Lapi -. E la notizia più antica sulla tradizione dei falò, registrata nei documenti storici, è conservata nella Cronaca del notaio Ser Marione Ferrari che racconta i fuochi accesi nel 1529 per festeggiare la presa di possesso della città concessa da Carlo V a Sinibaldo Fieschi. Episodi rilevati dai documenti anche il 18 settembre 1650 - prosegue il professor Lapi - nel momento in cui il senatore fiorentino Alessandro Vettori arrivò a Pontremoli per il passaggio della città sotto il Granduca di Toscana".
Ma a finanziare i fuochi era lo stesso Comune così come testimonia il ’Registro delle Bullette’: in uscita le scritture riportavano spese per l’acquisto di ’bochi’ e ’ulsi’ (cespugli di erica, quercia e ginestra) per i due falò che venivano bruciati nella Piazzetta del Castello del Piagnaro e nella piazza di Sotto. Anche nell’attuale piazza Duomo si infuocavano pire alla vigilia della Madonna del Popolo ( 1°luglio). Fiamme venivano bruciate pure per San Giovanni in città, e nei paesi per carnevale o in occasione di feste patronali. Ma poi i falò sono diventati quasi un fatto privato, un contenzioso tra le parrocchie di San Nicolò (denominata il Vaticano perché favorita da una sentenza del Tribunale papale dei riti in una questione di processioni) e del Duomo in cui nel 1721 fu trasferita la parrocchia di San Geminiano. Vicende complesse così come il verdetto finale della ’battaglia dei fuochi’.
Natalino Benacci