“Notte in bianco nel rifugio antiaereo in Ucraina”. Il racconto di Mario, il prof-volontario

L’arrivo nel teatro di guerra in Ucraina, l’incontro con la sindaca e poi il blocco alla frontiera

In ambulanza verso Kiev. L’impresa di Carlo e Mario nel segno della solidarietà

Mario Giannarelli (nella foto insieme a Ferrari) di Sassalbo, chef dell’omonimo albergo ristorante al Valico del Cerreto e docente all’Alberghiero di Castelnuovo nei Monti

Lunigiana, 30 ottobre 2024 – Nella nostra terra, da tempo si è consolidata una grande amicizia nei confronti dell’Ucraina. Quando agli inizi degli anni Duemila, il Coro Lunigiana lanciò un ponte di solidarietà verso quel popolo, contribuendo alla ristrutturazione di un reparto pediatrico dell’ospedale di Leopoli riservato ai bambini vittime delle radiazioni causate dallo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl e successivamente alle cure di un ragazzo gravemente ustionato da una esplosione fortuita di gas. Oggi, a rinsaldare quei legami, ci ha pensato Mario Giannarelli (nella foto insieme a Ferrari) di Sassalbo, chef dell’omonimo albergo ristorante al Valico del Cerreto e docente all’Alberghiero di Castelnuovo nei Monti che, a bordo di un’ambulanza messa a disposizione dal Rotary Club di Pontremoli, con l’amico Carlo Ferrari di Filattiera, ha trasportato nella città di Krasnokutsk, a soli 36 km dal fronte di Kharkiv, un carico di medicinali, barelle e stampelle. Nel momento in cui scriviamo, Mario è da solo, in attesa a Cracovia di un volo per il rientro. “Siamo entrati in Ucraina dalla frontiera ungherese di Zahony-Chop dove ad attenderci c’era Irina Karasut, la sindaca di Krasnokutsk, assieme ad un collaboratore. Avevamo percorso 1400 km e da lì ci hanno scortati fino a Leopoli. In questa città, abbiamo passato la notte nel rifugio sotterraneo di un hotel”.

Come è trascorsa la prima notte?

“C’era l’allarme antiaereo, suonavano le sirene, quindi le lascio immaginare la situazione…”.

Che cosa l’ha colpita?

“Il fatto che abbiamo incontrato solo ragazzi molto giovani e donne – precisa Giannarelli –, perché la maggior parte degli uomini è al fronte. E naturalmente la situazione è di grande difficoltà per chi vive nel Paese”.

E’ stato difficile il rientro?

“Sono rimasto bloccato sei ore in piedi al posto di frontiera con la Polonia insieme ad anziani, donne e bambini: una situazione dura. I controlli sono scrupolosi, temono che gli uomini dai 18 ai 60 anni tentino la fuga per evitarsi la leva obbligatoria… Alla fine sono riuscito a prendere un bus per la Polonia”.

Ripeterebbe questa esperienza?

“Certamente, ritornerei al più presto. Siamo persone di montagna, portiamo dentro di noi lo spirito della solidarietà”.

Roberto Oligeri