ANDREA LUPARIA
Cronaca

Sanac, nulla di fatto e il tempo ormai stringe

Sindacati delusi dall’incontro online con i dirigenti del Ministero dello Sviluppo economico. Nuovo faccia a faccia a novembre

di Andrea Luparia

Nessuna buona notizia, ieri pomeriggio, dall’incontro on-line tra sindacati e dirigenti del Ministero dello sviluppo economico sul futuro della Sanac. Per la verità non ci sono state nemmeno brutte notizie ma il tempo, purtroppo, non gioca a favore dei quattro stabilimenti che formano il gruppo. L’unica cosa certa è che ai primi di novembre ci sarà un nuovo incontro ma rischia di essere tardi se prima l’ex Ilva (ora Acciaierie d’Italia) non avrà ripreso ad ordinare i refrattari “made in Sanac“. Il primo dato non positivo è che da Roma si sono collegati solo due funzionari del Ministero (Annibaletti e Dattona) mentre tra Roma e Massa c’erano i segretari nazionali e provinciali dei sindacati di categoria. E così ieri si è alzato un coro di critiche.

"Non è andata bene – commenta Stefano Tenerini (Cisl) – . Abbiamo chiesto al Ministero di premere su Acciaierie d’Italia perchè riprenda ad ordinare i nostri refrattari anzichè chiederli all’estero. E che si vada presto alla nuova gara per vendere il gruppo. Di solito per queste gare ci vogliono 810 mesi, Sanac rischia di non resistere tanto. E non vogliamo lo spezzatino: le quattro fabbriche devono stare insieme". Nicola Del Vecchio (Cgil) ha detto che Sanac non ha ancora incassato la fidejussione di Arcelor-Mittal e quindi il governo può chiedere alla multinazionale di rilevare comunque Sanac (ipotesi molto, molto difficile), poi ha tuonato contro alcune stranezze: "Arcelor-Mittal fa piccoli ordini a Sanac ma quello che compra lo usa in altri stabilimenti fuori dal nostro paese. Per Taranto non ordina niente. Perchè ci penalizza? Oggi lo Stato, tramite Invitalia, è dentro Acciaierie d’Italia e Sanac, che è in amministrazione straordinaria, è dello Stato. Dai patti parasociali è chiaro che è Arcelor-Mittal a gestire Taranto ma non possono penalizzarci. Senza quegli ordini le quattro fabbriche sono a rischio". Anche Massimo Graziani (Uiltec) è amareggiato: "Prima di tutto non c’era il ministro Giancarlo Giorgetti e il delegato Luca Annibaletti non ha saputo dare una sola risposta. Una riunione interlocutoria che non serviva. E’ inutile che il Ministero garantisca il pagamento degli stipendi, ad oggi mai messi in discussione, a meno che non sia un triste presagio. O che si impegni ad onorare i debiti di Acciaierie d’Italia verso Sanac perché questo è superato dai decreti ingiuntivi. La soluzione è tornare ad inserire il gruppo nella partita ex Ilva". Per la Uiltec non c’è alternativa: "Una nuova gara significa svendere il gruppo al massimo ribasso così che non sia neppure in grado di onorare gli impegni presi con i propri creditori, fra cui i dipendenti. Separare la vendita di Sanac rispetto all’ex Ilva è stata una scelta politica e la politica deve tornare sui suoi passi: Taranto – dice Graziani – avrà sempre bisogno dei refrattari e devono fare parte della filiera dell’acciaio italiano".

Per i sindacati, lo stabilimento massese ha ordini fino a dicembre. Poi, se le cose non cambiano, scatterà la cassa integrazione in quanto la produzione dovrà essere tagliata del 50%. A proposito, il bilancio 2021 dovrebbe chiudersi, per Sanac, in utile: circa 2 milioni di euro. Con un ricorso alla Cig minimo: il 3%. Oggi faccia a faccia tra i dirigenti sindacali che poi vedranno i lavoratori. Non si escludono nuove iniziative di lotta.