DANIELE ROSI
Cronaca

La missione di Letizia: "Sono una privilegiata e ho la responsabilità di aiutare gli altri"

La giovane infermiera di Carrara, Letizia Morelli, è nell’equipaggio della nave. E’ alla sua terza missione con l’organizzazione non governativa. "Sono felice di fare qualcosa per chi non ha assistenza medica da anni"

Letizia Morelli, l’infermiera di Carrara nell’equipaggio della Humanity One (foto Delia)

Letizia Morelli, l’infermiera di Carrara nell’equipaggio della Humanity One (foto Delia)

Marina di Carrara, 21 maggio 2024 – “So di essere una persona privilegiata solo perché sono nata dalla parte giusta del mondo e penso che, con questi privilegi vengano certe responsabilità", dice appena scesa dalla ‘Humanity One’. Sorride Letizia Morelli, giovane infermiera di Carrara, spiegando con semplicità la ragione della sua scelta. Un ruolo importante il suo sulla nave che ieri mattina ha sceso nel porto della sua città i 70 migranti salvati. Ha compiti di supporto medico ma anche di ascolto e dialogo con quelle donne, uomini, ragazzi e bambini sopravvissuti al viaggio della vita nel Mediterraneo e prima (molti) alle torture delle carceri libiche. Un ruolo per il quale, oltre alla professionalità, è fondamentale l’empatia.

Un viaggio in prima linea quello di Letizia Morelli sulla Humanity One. Una volta terminate le procedure di sbarco, si ferma sulla banchina il tempo di abbracciare i familiari e rispondere a qualche domanda, tenendo a bada l’emozione di essere arrivata nella sua terra. Vuole tenere alta l’attenzione sulla situazione in cui i migranti sono costretti a viaggiare, giorni e giorni di navigazione aggiuntiva che poco si conciliano con le emergenze sanitarie o psicofisiche che registrano i loro salvatori. "E’ la mia terza missione con Sos Humanity – ha raccontato Letizia – due l’anno scorso e questa è la prima del 2024. So di essere una privilegiata solo perché sono nata dalla parte giusta del mondo e penso che con questi privilegi vengano certe responsabilità. Ritengo che, avendo la possibilità di farlo, sia giusto che lo faccia. A bordo ci sono persone che cercano di costruirsi una futuro migliore, rischiando la vita e sfidando la morte in mare. Persone che non hanno assistenza medica da anni, per cui, se posso fare qualcosa per aiutarle, sono felice di farlo".

L’infermiera di Carrara sposta quindi l’attenzione da lei ai problemi che le Ong sono costrette ad affrontare ogni volta che una nave arriva a Marina di Carrara, alla grande distanza tra il porto e il punto in cui i migranti vengono soccorsi in mare. "Se da un lato è bello che la mia città apra il porto per supportare le navi – spiega – non è bello però che ogni volta venga messa questa distanza rispetto al punto in cui si effettuano le procedure di salvataggio".

Letizia Morelli racconta delle situazioni critiche a bordo, dei gravi problemi fisici e dei traumi psicologici dei migranti che salvano nelle acque del Mediterraneo, storie personali di orrori, violenza e coercizioni di vario tipo. "A bordo non abbiamo avuto casi critici che richiedessero azioni immediate – ha spiegato l’infermiera – ma nessuno è al massimo della forma. Nella migliore delle ipotesi si parla comunque di scabbia o cicatrici invisibili che li marchieranno per sempre. In ogni soccorso ci sono sempre tante storie difficili e la cosa che colpisce di più è il livello di crudeltà e orrore a cui molti sono sottoposti. E’ incredibile che queste persone, nel raccontare, mantengano la voglia di andare avanti e sorridere. Mi hanno raccontato di torture con catene e barre di metallo, delle molte volte sono scampati ai proiettili".