Dal 1948 ad oggi in città gli eventi atmosferici hanno causato cinque morti e ingenti danni. Le vittime più recenti delle calamità naturali sono state Idina Niccolai, morta nell’alluvione del 23 settembre 2003 quando il torrente Carrione in piena l’ha strappata dalla sua abitazione di via Carriona trascinandola fino alla località Campiglia, e Laura Zuccari, colpita dal ramo di un albero nel parco Ugo La Malfa durante il downburst del 22 agosto 2022 mentre aiutava un senzatetto. Morti e calamità sono riportate nel nuovo Piano di protezione civile, la cui ultima modifica è stata approvata dal consiglio comunale del 23 aprile 2023. Uno strumento che il Coc, il Centro operativo comunale dovrà mettere in atto in caso di diverse calamità naturali possibili, che vanno dalle alluvioni, alla ricerca di persone scomparse fino ad arrivare agli incendi boschivi.
Il dato più allarmante che emerge dal nuovo piano è che Carrara è un territorio a rischio idraulico, come ha dimostrato la storia, sia per casistica sia per pericolosità e vulnerabilità. Non solo: come si legge nel nuovo Piano il rischio idraulico si origina "dai rilievi collinari e montuosi, avendo come agente principale le acque correnti superficiali incanalate. La rete idrografica secondaria è caratterizzata, in regime di forti precipitazioni, dallo sviluppo di fenomeni di violenta attività torrentizia con un elevato trasporto di materiale solido e intensi processi erosionali e deposizionali". Insomma, tutto quello che rimane a monte della lavorazione del marmo arriva a valle, per dirla in parole povere. I problemi maggiori si manifestano sui tratti terminali dei canali che scendono dalle valli più alte e che possono determinare inondazioni localizzate, ovvero incrementare l’estensione delle aree inondabili dovute all’entrata in crisi dei sistemi principali del reticolo idraulico a causa della rilevante quantità del materiale alluvionale contenuto".
Basta ricordare le conseguenze del crollo del muro d’argine del Carrione avvenuta il 5 novembre del 2014: un’esondazione che provocò lo sfollamento di 450 persone e interessò 5 mila famiglie e diverse aziende, mettendo in ginocchio il territorio da Avenza a Marina di Carrara. E, se non bastasse, la relazione di sintesi dello studio idraulico dell’Università di Genova conferma che le precipitazioni sulle alpi Apuane toccano valori medi annui attorno a 3.000 millilitri, unici per il territorio centrale dell’Italia. Indagini innovative hanno fornito un quadro assolutamente peggiorativo delle precipitazioni nel nostro territorio. In sostanza la protezione civile non sarebbe in grado di mettere al sicuro la popolazione in caso di forti piogge. Per questo da anni si lavora sulle buone norme di protezione civile. Solo nelle zone contrassegnate come P2 e P3 del piano vivono 14mila persone. Ecco perché il piano è tutto concentrato sulla presenza costante del personale di protezione civile in determinate condizioni di criticità comunicate dal Centro funzionale, attività di monitoraggio dell’evento in collaborazione e supporto agli Uffici regionali competenti, preparazione ad eventuali decisioni di evacuazione della popolazione abitante in situazioni che non consentono il rifugio ai piani superiori, informazione con tutti i mezzi a disposizione dell’evoluzione dell’evento e formazione e informazione della popolazione sulle norme di auto protezione.
Esistono poi ulteriori criticità dovute all’instabilità dei versanti, vale a dire le frane che interessano la parte collinare e montuosa del territorio comunale. La prima si è registrata sul monte Bettogli nel 1911, una delle più importanti e ripetute nella strada che porta a Colonnata nel 1996, e le altre tutte di data recente, come per esempio la via di Sorgnano.
Alessandra Poggi