di Francesco Scolaro
C’è uno strano ’animale’ che si aggira fra le nostre montagne. Furtivo e guardingo, cerca sempre di lasciare poche tracce del suo passaggio ma a volte capita di trovarle. Sono impronte nere che si stagliano sugli sfondi bianchi lasciando segni ben riconoscibili. Quando le vedi puoi esser certo di trovarti di fronte al... Gattopardo delle Apuane. E’ lui che lavora sotto sotto, dietro le quinte, per far sì che tutto cambi di nuovo per restare un po’ com’era prima. Perché non ama i cambiamenti, soprattutto quando riguardano cave e bacini estrattivi. Ed ecco che le sue tracce sono spuntate di nuovo, ora che il Piano integrato del Parco sta per andare in porto.
Non è un mistero che alcuni sindaci che fanno parte della Comunità del Parco stiano provando a rimescolare le carte perché ci sono alcuni aspetti del Piano che destano in loro ‘preoccupazione’: sono le previsioni di riduzione netta delle aree contigue di cava che potrebbero togliere spazio all’attività estrattiva. L’ultima mossa, prima che il Piano integrato venga approvato dal consiglio direttivo del Parco e inviato alla Regione, è quella di fare pressione su quest’ultima e in particolare sul presidente Eugenio Giani con una lettera che sta circolando fra i membri della comunità da sottoscrivere e inviare a Firenze. Tracce nero su bianco con il tentativo che è quello di rivedere le prerogative stabilite dalla Regione stessa che sostengono la stesura del documento di pianificazione arrivato al giro di boa. Come? Le intenzioni fanno capolino dalla lettera, ancora in bozza sia ben chiaro. C’è da pensare alle aree contigue la cui riduzione del 58% porterebbe le superfici totali a disposizioni delle cave a ‘meno di 700 ettari’ rispetto ai 1.660 di oggi. Scelte del parco rispetto alle quali gli eventuali sottoscrittori della lettera "non possono" essere d’accordo.
E allora si va all’assalto della delibera di giunta regionale del 21 ottobre del 2019 che dettava le linee guida per la stesura del Piano integrato: riduzione delle aree destinate alle attività estrattive oppure evitare l’apertura di nuove cave e promuovere la progressiva chiusura e riqualificazione di quelle di crinale e di alta quota; e ancora promuovere la riqualificazione delle aree interessate dalle attività estrattive attraverso la progressiva riduzione delle stesse favorendo la riqualificazione ambientale e paesaggistica. Elementi di cui il Parco ha tenuto conto e che ora si vorrebbero cancellare, magari stralciando la pianificazione delle aree contigue perché c’è chi ritiene che non "rappresentino la scelta di pianificazione auspicabile per i nostri territori". Perché il Piano integrato così com’è, si evidenzia nella lettera, bloccherà parti dei Pabe elaborati dai Comuni. Ma soprattutto si appellano alla sentenza del Consiglio di Stato del 20 agosto 2021 che aveva stabilito nella causa contro gli ambientalisti come le aree contigue di cava fossero escluse dalle zone protette.
Per chi contesta il Piano integrato del Parco è il grimaldello con cui chiedere alla Regione di rivedere tutto, una sentenza che deve "costituire l’occasione e la motivazione per la giunta regionale per rimodulare gli obiettivi del 2019". La stessa sentenza, poi, evidenziava come la finalità del Parco fosse quella del miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali che deve realizzarsi con equilibrio fra attività economiche ed ecosistema. Un elemento che contrasterebbe con la riduzione delle aree contigue, secondo chi ha messo nero su bianco la bozza di lettera, con cui si chiede alla Regione di rivedere i principi fondanti della stesura del Piano e di stralciare per il momento tutti gli elaborati e le norme che riguardano le attività estrattive. Per lasciare tutto così com’è ora nelle aree contigue, habitat ideale per il ’Gattopardo’ delle Apuane.