REDAZIONE MASSA CARRARA

Smarrito e divorato dai lupi La tragica fine di un maremmano durante una battuta di caccia

Leggendo “Gli Statuti di Fivizzano“ non è raro imbattersi in notizie relative al compenso che veniva elargito dalle autorità dell’epoca a chi uccideva i lupi. Lo facevano i “lupari“, che avevano il compito di eliminare i carnivori selvatici che attentavano alla vita di greggi e mandri. A quell’epoca a Sassalbo abitavano oltre mille persone e negli annali dell’epoca si legge: "14 maggio 1678: Orsa uccisa nelle Alpi di Sassalbo; 25 dicembre 1784, pagate Lire 56 per l’uccisione di un lupo a Sassalbo, 25 gennaio 1785 pagate Lire 56 per un lupo ucciso sopra Sassalbo". A tanti anni di distanza, il lupo è tornato ormai da tempo ad abitare le montagne da cui un secolo fa l’uomo l’aveva scacciato. Ma fa comunque un certo scalpore la notizia che martedì scorsa, nei boschi sopra Sassalbo, durante una battuta di caccia al cinghiale nella zona prospicente il Monte La Nuda, che impegnava una squadra di cacciatori del fivizzanese, di un segugio maremmano, razza canina che non ha eguali nel fiutare le orme dei cinghiali, si sono perse le tracce. Non ha più fatto ritorno dal padrone e dagli altri cacciatori. Essendo dotato di collare satellitare, l’animale alla fine è stato rintracciato. O meglio è stato rinvenuto quello che restava dello sfortunato quattrozampe: la carcassa costituita dalla colonna vertebrale e dalle zampe posteriori. L’animale infatti è stato sbranato in poche ore: a mangiarlo si ipotizza siano stati dei lupi, dato che in zona ci sono solamente loro in grado di uccidere e spolpare in brevissimo tempo un animale delle dimensioni di un cane da caccia. A questo proposito, c’è da dire che da tempo i cacciatori del versante spagnolo dei Pirenei hanno smesso di praticare la caccia con i cani. La decisione è stata presa dopo l’amara scoperta che i loro segugi ,lanciati all’inseguimento di lepri e caprioli, divenivano loro stessi preda di piccoli branchi di lupi che nascosti fra massi e forre, li uccidevano per poi divorarli.

Roberto Oligeri