REDAZIONE MASSA CARRARA

L'ombra della camorra. Sparò a rivale dopo lo scandalo degli yacht

Pasquale Capuano gestiva le due aree di via Dorsale e alla foce del Carrione per smaltire illecitamente le barche distrutte a Rapallo

L'operazione della Dia

Marina di Carrara, 5 febbraio 2021 -  C’è anche un tentato omicidio e l’ombra della camorra sullo sfondo dell’inchiesta della Direzione investigativa antimafia di Genova sullo smaltimento illecito - in due aree di Marina di Carrara e in via Dorsale a Massa -, degli yacht distrutti dalla mareggiata che colpì il porto turistico di Rapallo nell’ottobre del 2018. Lo si evince dalla due sentenze della Cassazione che nei giorni scorsi ha accolto i ricorsi di un avvocato di Napoli e di uno straniero di origini slave, arrestati, a suo tempo, assieme ad altre sette persone tra cui Marina Scarpino, direttrice del porto ligure "Carlo Riva" e Pasquale Capuano imprenditore che gestiva le discariche apuane, una delle quali nei perssi della foce del Carrione a Marina e ritenuto vicino ai clan dei Casalesi.

E proprio lui, 62 anni, originario di Giugliano, era stato fermato nell’aprile del 2019 per il tentato omicidio dell’ex gestore dei Cantieri di Baia a Bacoli (Napoli). La Corte Suprema revocando le misure cautelari dell’avvocato napoletano e dello slavo dopo gli arresti domiciliari emessi dal gip di Genova e poi attenuati dal tribunale del riesame con l’obbligo di dimora nel Comune di Carrara, osserva che "nel mese di ottobre del 2018, una forte burrasca colpiva il Golfo del Tigullio, con una mareggiata che cagionava danni ingenti nella zona di Rapallo e Santa Margherita Ligure. Numerose imbarcazioni venivano distrutte, ed in molti casi affondate, nelle acque antistanti il porto turistico Carlo Riva di Rapallo. Sorgeva pertanto la necessità di liberare lo specchio acqueo e il fondale dai relitti: necessità in esito alla quale la Capitaneria di porto competente dispose che al recupero e allo smaltimento delle imbarcazioni distrutte provvedessero la Società Porto Turistico Carlo Riva e gli armatori delle singole unità danneggiate. Nel gennaio 2019 quasi tutti gli armatori si accordarono con il Porto Turistico affinché quest’ultimo si incaricasse del recupero e dello smaltimento dei relitti. In una prima fase le attività connesse venivano assegnate alla Metalcost; ma, dopo che solo 4 relitti erano stati rimossi, la direttrice del Porto Carlo Riva, Marina Scarpino, decideva di non voler più sostenere i costi dell’operazione, in quanto troppo onerosi. A quel punto la Scarpino si rivolgeva a Pasquale Capuano, legale rappresentante della British Shipways, soggetto ritenuto vicino a clan camorristici e a sua volta coinvolto nell’inchiesta unitamente alla Scarpino: il Capuano poteva assicurare un prezzo nettamente più vantaggioso (pattuito in ragione di 480 euro per ogni tonnellata da smaltire) in quanto - secondo l’impostazione accusatoria - la British operava al di fuori di qualsiasi regime autorizzatorio, senza ricorrere a personale qualificato e senza attenersi alla disciplina in materia antinfortunistica e ambientale. Le operazioni di recupero e smaltimento venivano effettuate, secondo l’accusa, in maniera abusiva ed interessavano in tutto 85 imbarcazioni per un totale di 764 tonnellate di rifiuti che venivano recuperati (compresi quelli dispersi in mare) entro il mese di aprile 2019, e smaltiti in alcune discariche a Massa, a Marina di Carrara e a Giugliano in Campania. Alla fine di aprile del 2019, il Capuano veniva tratto in arresto per tentato omicidio e sottoposto a fermo, avendo tentato la fuga dopo avere esploso alcuni colpi di pistola all’indirizzo di tale "Marco lo Slavo" senza attingerlo.  

gianfranco baccicalupi