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Da venerdì a domenica torna in scena la grande maschera interpretata da Andrea Pennacchi, diretto da Marco Baliani
L’Arlecchino che Andrea Pennacchi porta in scena da venerdì 14 a domenica 16 febbraio, alle 21 al teatro Guglielmi, farà forse sussultare i tanti Arlecchini che nel tempo hanno fatto grande questa maschera della commedia dell’arte. "Lui cerca in tutti i modi – spiega l’autore e regista Marco Baliani – di essere all’altezza del ruolo, ma non ne azzecca una, é goffo, sovrappeso, del tutto improbabile, ma è in buona compagnia: gli altri attori, che, come lui, sono stati assoldati, con misere paghe, dall’imprenditore Pantalone, sono, al pari di Arlecchino, debordanti, fuori orario, catastroficamente inadeguati. Eppure tutti questi sbandamenti, queste uscite di scena e fughe dal copione, che sono anche uscite nella contemporaneità dell’oggi, queste assurde prestazioni, queste cadute di stile e cadute al suolo di corpi sciamannati, tutte queste parole affastellate, tutto questo turbinio di azioni e gesti, stanno proprio rifacendo il miracolo della grande commedia goldoniana, in una forma non prevista, una commedia dirompente, straniante, che ricostruisce la tradizione dopo averla intelligentemente tradita".
Scritto e diretto da Marco Baliani e con Marco Artusi, Federica Girardello, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, Anna Tringali, musiche eseguite dal vivo da Giorgio Gobbo, Riccardo Nicolin (scene e costumi Carlo Sala, luci Luca Barbati, maschere Andrea Cavarra, aiuto regista Maria Celeste Carobene), l’Arlecchino di Pennacchi non si è mai visto: "Riunisce stilemi diversi, frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran calderone ultra postmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia del teatro. Per riuscire a creare un simile guazzabuglio di intenzioni, per riuscire a renderlo eccezionalmente vivo, occorrevano attori capaci di seguirmi in un simile delirio".
"Ed eccoli qui – prosegue –, una compagnia di compagni e complici, Marco Artusi, Federica Girardello, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, e Anna Tringali, capaci di interpretare contemporaneamente più ruoli, di passare dalle proteste borbottanti degli attori sottopagati, alle vorticose azioni dei personaggi della commedia che pur devono rappresentare. In questo incessante salto mortale di identità è il loro talento a tenere insieme ciò che di continuo sembra sfuggire alla presa. Appartengono di diritto alla grande tradizione del teatro veneto, grande perché sempre capace di rischiare per rinnovarsi, come accade su queste tavole sceniche imbandite di follia arlecchinesca. Durante le prove immaginavo di avere Carlo Goldoni seduto in terza fila, e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si sganasciava dalle risate, con gli occhi stupiti di bambino mai cresciuto di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile da essere ancor più sua".