REDAZIONE MASSA CARRARA

Tradizioni Si rinnova il rito della transumanza

Il pastore lunigianese Giancarlo Boschetti racconta la sua esperienza da Tavarnelle al Monte Navert con le pecore massesi

Tradizioni Si rinnova il rito della transumanza

Dal borgo di Tavernelle al Monte Navert: è cominciata l’annuale transumanza del pastore Giancarlo Boschetti. Un rito che per Giancarlo si ripete consecutivamente da 32 anni- Giancarlo, pastore da generazioni, è partito dal natio borgo di Tavernelle diretto alle cime appenniniche con al seguito il suo gregge. Per arrivare sui pascoli di montagna dove trascorrerà, in simbiosi con i suoi animali, tutta la bella stagione, Giancarlo percorrerà gli antichi sentieri della transumanza battuti nei secoli dagli avi che, dalla Lunigiana, portavano all’inizio del grande caldo, le proprie greggi fin sull’altra parte del crinale, in territorio emiliano. "Sono molti lustri ormai che conduco i miei animali, dopo il Passo della Colla, fin sul Monte Navert a 1700 metri d’altezza – racconta Boschetti – ci resto tutta l’estate fino ai primi d’ottobre, a seconda della stagione". Giancarlo parla in dialetto con alcuni termini in uso fra i pastori, come rimonta, pecora soda, cani bianchi. Per cani bianchi s’intende il pastore maremmano, il cane anti lupo per eccellenza.

Viaggia con i cani bianchi?

"No, ho scelto però di non tenere questi cani – spiega – perché se conduci il gregge in luoghi frequentati da escursionisti succede che non facciano molta distinzione fra uomini e lupi… Preferisco utilizzare i border collie: obbedienti, velocissimi spostano a comando il gregge da una vallata all’altra. Questa razza non può sostenere la lotta contro il lupo ma dà l’allarme".

Qual è il motivo per cui lei alleva da sempre pecore massesi?

"Sono gli ovini tipici del nostro territorio, dove si sono ’plasmati’ nei secoli. Posso assicurare che dove conduco le mie massesi nei luoghi più impervi e accidentati, nessuna pecora ’blasonata’ riuscirebbe mai ad arrivarci".

Per contrastare le predazioni da lupo qual è il sistema migliore?

"La presenza costante del pastore a fianco del gregge, gli animali vanno assiduamente controllati di persona. Poi, certo, cani e recinzioni servono molto, ma è determinante la concreta presenza dell’uomo".

Adesso va direttamente sull’Appennino parmense?

"No, mi fermo qualche giorno a Linari. Poi parto con tutte le pecore con il proprio campanaccio al collo e il branco delle capre come sempre in testa. Starò lassù sul Monte Navert tutta l’estate, spostando le bestie da una balza all’altra, mungendo e preparando un formaggio straordinario. Immaginate il pecorino ottenuto grazie alle essenze spontanee brucate in quelle cime: è l’apoteosi del gusto. Mando a valle formaggio e ricotte nello spaccio a Tavernelle da mia moglie. Non è una vita facile: dormire lassù lontano dalla famiglia, sveglia all’alba, mungere le pecore, spostarle da un pascolo all’altro, fare il formaggio, controllare gli animali che non finiscano nelle fauci del lupo. Per sostenere tutto questo, devi possedere nel tuo Dna qualcosa di ancestrale, trasmesso da chi ti ha preceduto. Diversamente, è difficile resistere".

Si sente mai solo?

"No, non mi pesa la solitudine. La domenica comunque ricevo le visite degli amici. Alla notte poi, quando pecore e cani sono al sicuro, rimango estasiato nel contemplare il paradiso terrestre che mi si staglia davanti. C’è un silenzio che può esistere solo nelle favole. Ammiro incredulo di fronte a tanta bellezza l’Alpe di Succiso e il Monte Cusna, sotto la luce fioca delle stelle. Perché anche noi pastori abbiamo un’anima".

Roberto Oligeri