Roberto Oligeri
Cronaca

Antichi mestieri, preparato il gregge per la transumanza. "Tre mesi di duro lavoro esposto ai ‘capricci’ della natura"

Lunigiana, Giancarlo Boschetti è partito alla volta dell’Appennino Emiliano

Il pastore Giancarlo Boschetti ha iniziato la transumanza con le sue 200 pecore

Il pastore Giancarlo Boschetti ha iniziato la transumanza con le sue 200 pecore

Licciana Nardi (Massa Carrara), 8 luglio 2024 – Dalla Lunigiana all’Appennino Emiliano. Il pastore Giancarlo Boschetti protagonista di un’antica tradizione. Possiede una varietà straordinaria di campanacci, di cui molti storici, il pastore Giancarlo Boschetti di Tavernelle, borgata di Licciana Nardi. Si tratta di oggetti importanti per sua attività, che permettono, in base al suono che emettono, non solo di identificare una determinata pecora nel gregge, ma soprattutto di localizzarla nel caso si perdesse in qualche angolo di montagna. E ieri, di buon mattino Giancarlo, i campanacci li ha appesi al collo di ognuna delle sue oltre 200 pecore di razza massese, con al seguito un branco di capre ed i suoi cavalli di razza appenninica, in testa e ai lati i fidatissimi cani border collie. E’ partito dal natìo borgo di Tavernelle, ha iniziato la sua annuale transumanza, diretto sulla cima del Monte Navert, nell’Appennino parmense.

"Mi fermerò alcuni giorni nei pressi dell’abbazia di Linari – spiega Giancarlo – non voglio costringere i miei animali a percorrere a tappe forzate questo lungo viaggio. Oltretutto improvvisamente è giunto il grande caldo e non voglio affaticare le mie pecore. Lassù mi attendono tre mesi di duro lavoro: dormo in una roulotte, mi sveglio prestissimo per mungere le pecore e tutte le operazioni conseguenti; quindi partenza con il gregge sui pascoli d’alta montagna, con l’occhio sempre vigile nel controllare le pecore che devono partorire, attenzione ai lupi. E questo tutti i giorni, senza feste, né ferie. In compagnia dei miei fidati cani che non mi abbandonano mai. Non è una vita facile quella del pastore – racconta Boschetti –. Sempre alla mercè della natura: pioggia, neve, fulmini, predatori. E tu sei da solo, con i tuoi animali che rappresentano la tua vita e dai quali trai le risorse per mandare avanti la famiglia. Fare il pastore significa possedere nel proprio animo qualcosa di ancestrale che, di fronte a qualsiasi difficoltà, ti dà la forza di andare avanti. C’è ben poco della vita bucolica ed idilliaca che, la narrazione vorrebbe attribuire a chi esercita questa attività".