di Cristina Lorenzi
Grande entusiasmo e grande soddisfazione per la scelta della giunta Arrighi di dedicare la piazza del teatro Animosi a Frabrizio De André. Entusiasmo e soddisfazione che vengono da coloro che sempre hanno sostenuto la necessità di riconoscere quel legame fra il grande cantautore genovese e la città e che si sentono in qualche modo partecipi del successo. Così sui sociale e nel tam tam cittadini stanno girando in queste ore i ricordi di quelle magiche giornate in cui il Comune, quando alla Cultura c’era l’assessore Marilina Ulivi e la dirigente Marina Babboni, decise di commemorare il ventennale del concerto che De André tenne in città nel 1982 a sostegno della stampa anarchica. Erano gli anni in cui la cultura cittadina andava a testa alta e aveva sempre qualcosa di importante da prorporre e offrire. Così ad aprile del 2002 la città festeggiò l’antica amicizia con il padre di Marinella con una due giorni a lui dedicata. Organizzata dall’amico di una vita Reinhold Kohl e voluta dal Comune, la kermesse previde una fitta serie di appuntamenti dalla mostra fotografica dello stesso Kohl a una tavola rotonda con Mauro Pagani e Massimo Bubola, Pepi Morgia e Franz Di Cioccio, un filmato sulla vita del cantautore firmato da bruno Bigoni, una mostra di dischi a cura di Mariano Brustio, un convegno ’Dal letame nascono i fiori’, che portò in città Fernanda Pivano. Seguirono letture di poesie da parte di Mauro Macario su brani di Georges Brassens, Leo Ferré e Fabrizio De Ansdré, e il concerto finale che vide sul palco le band di Pagani e Bubola, con il supporto di Kohl. Due giorni in cui i meno giovani rivissero attraverso le note momenti e lotte indimenticabili e i più giovani poterono apprezzare il potere delle parole e della musica nella battaglia per la libertà. Una grande occasione in cui la cultura dimostrò a pieno la propria mission, di divertire, far pensare, far crescere quel pubblico che ancora adesso attende una cura e un’attenzione dimenticate. Adesso l’intitolazione della piazza ha suscitato il comprensibile entusiasmo in quei giovani di allorta che da 20 anni attendono che la città riconosca il legame con quello che la stessa Pivano definì "il più grande poeta del Novecento".