di Alfredo Marchetti
Un nuovo inizio è possibile per tutti. Commettere un errore ci fa scoprire chi siamo, ovvero esseri umani. E se c’è il pentimento e la voglia di riscatto, è doveroso dare una seconda chance. E proprio così si chiama l’associazione che fa da tramite tra aziende e casa di reclusione di Massa (già modello virtuoso), per il progetto che punta a far uscire i detenuti più meritevoli per entrare nel mondo del lavoro e, una volta scontata la pena, avere uno strumento in più per stare nella società legalmente. Se poi, grazie alla legge Smuraglia le aziende dell’edilizia che assumono i detenuti hanno degli sgravi fiscali, meglio ancora. Presentato ieri mattina dalla direttrice Antonella Venturi il progetto: presenti Roberto Biancolini, vice presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili per la Costa Toscana, Stefano Fabbri di Seconda chance, l’imprenditore apuano Andrea Biancolini, Elena Ghiloni, responsabile del settore educativo dell’istituto.
"Il nostro primo obiettivo – ha detto Venturi – era quello di portare all’esterno il progetto anche in collaborazione con l’associazione Seconda chance. Assieme a Ance abbiamo avviato le persone detenute all’esterno in attivita lavorative, grazie all’articolo 21. Persone che sono a fine pena o che per buona condotta possono lavorare all’esterno e costruire qualcosa dopo che la pena è stata scontata. Oltre all’aiuto che diamo a queste persone, c’è un vantaggio anche per le imprese che decidono di assumere queste persone, ovvero sgravi fiscali. Certo, c’è un beneficio economico per l’azienda in questione, ma la nostra vuole essere una visione solidaristica: le persone che hanno sbagliato, ma che hanno intenzione di rimettersi in gioco, hanno il diritto di provarci. I benefici alla società sono chiari: fare parte di questo reinserimento sociale permette ai detenuti di non ricadare negli stessi errori. Questo è possibile però solo se società è sensibile al tema. Prima o poi usciranno: saggio è prepararla".
Ma come avviene questo iter? "Prima c’è la valutazione del detenuto: professionisti giudicano il percorso della persona, la valutazione viene fatta a monte. Fondamentale, durante questo processo è abbattere il pregiudizio e riscoprire la persona". La parola è poi passata Ghironi: "Affrontiamo un lavoro sia interno, che ci consente di sperimentare la persona, puntando su percorsi di formazione, dal controllo impianti elettrici all’Haccp, con percorsi da 260 ore, uno strumento spendibile in ambito lavorativo. Sia esterno, con una sperimentazione con l’edilizia e la ristorazione: per il momento questi progetti sono andati bene. Siamo noi che scegliamo, dopo un’attenta analisi, chi è pronto ad affrontare questa possibilità". Da tramite tra mondo esterno e casa di reclusione c’è l’associazione: "Seconda chance – dice Fabbri – organizza colloqui di lavoro. Molti sono al loro primo colloquio. Di solito gli imprenditori che si mettono in discussione e danno ai detenuti un’opportunità, escono molto diversi da come sono entrati dalla stanza. Il dato Cnel dice che il 60 per cento dei detenuti è già stato in carcere. Invece solo il 2 per cento di chi trova lavoro torna in detenzione. Questo progetto è quindi un bene per la società. Ci sono 370 inserimenti, 10 per cento in toscana. Il 90 per cento delle persone che ha aderito a questo progetto rimane a lavorare nell’azienda che l’ha testati". Ance Toscana con Roberto Biancolini, racconta le esperienze degli stessi imprenditori: "Durante gli incontri che abbiamo come associazione abbiamo avuto modo di parlare con gli imprenditori: hanno conosciuto il progetto, che è stato recepito con molta soddisfazione. C’è poi chi ha deciso di intraprendere questo percorso: hanno trovato molta disponibilità. Io sono rimasto molto colpito dai colloqui con i ragazzi: persone interessate, con voglia di fare e imparare. Persone con valori. L’associazione tiene a questo progetto. Un imprenditore serio dovrebbe provare".
E c’è chi ha provato il progetto, ovvero Andrea Biancolini, della Tecnopali apuana, azienda che si occupa del consolidamento frane, con 18 dipendenti, di cui uno assunto dopo il reinserimento: "E abbiamo intenzione di assumerne un altro. La cosa fondamentale è abbandonare il pregiudizio: ho trovato una persona molto responsabile e desiderosa di cambiare. Poi il fatto che la casa di reclusione controlla e vigila sul suo operato è garanzia di sicurezza".