
di Claudio Laudanna
Non sappiamo se abbia esclamato "Eureka" come Archimede (il filosofo greco da cui ha preso spunto il personaggio di Topolino) quando gli è venuta l’intuizione che potrebbe cambiare la vita a milioni di donne in tutto il mondo, ma di certo quella di Alessandro Ghelardi è una di quelle idee destinate a lasciare il segno. E’ d’altronde grazie all’intuito di questo ginecologo del Noa, alla sua voglia di approfondire la questione anche oltre l’orario di lavoro e, non ultimo, al supporto dell’intero reparto e di tutta l’azienda sanitaria che anche da una piccola provincia come la nostra potrebbe ora partire una vera e propria rivoluzione medica. Per i tecnici si tratta dello studio ‘Hope 9’ che prevede l’utilizzo del vaccino Hpv, ovvero contro il papilloma virus, per tutte quelle pazienti che si sono già sottoposte a un trattamento chirurgico per lesioni pre tumorali del carcinoma microinvasivo del collo dell’utero. Per i pazienti invece è tutto racchiuso nell’italianissima parola ‘Speranza’ che oltre a tradurre dall’inglese il titolo della ricerca si traduce in maggiori speranze per una guarigione completa da una malattia tanto subdola quanto diffusa e che grazie a questa nuova procedura potrebbe vedere una riduzione dei casi di recidiva nell’ordine dell’80 per cento.
Tutto è partito all’ombra delle Apuane quasi dieci anni fa coinvolgendo 821 pazienti e i risultati ottenuti hanno già portato la Toscana, nel 2019, ad aggiornare il calendario vaccinale offrendo gratuitamente la vaccinazione dopo il trattamento chirurgico, un esempio seguito poi da molte altre regioni italiane. Nel 2020, invece, è stato direttamente l’Istituto superiore di sanità a istituire un comitato tecnico scientifico assieme ad un comitato di esperti, tra cui Alessandro Ghelardi, a emettere un’analoga raccomandazione e a dare il via alla cosiddetta fase III. Oggi lo studio Hope 9 è già stato autorizzato da Aif, e vede il Noa a coordinare una ricerca che coinvolge i principali centri italiani per la prevenzione del tumore della cervice: il San Raffaele di Milano, l’Istituto europeo oncologico, Fondazione Ircss di Milano, Università di Milano, Università of Torino, Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli, Università delle Marche, Università di Palermo e il policlinico ‘Gemelli’ di Roma. "Stiamo parlando di una malattia che ogni anno in Italia colpisce dalle 35mila alle 50mila donne e molte di queste dopo essere state sottoposte a trattamento chirurgico vanno incontro a recidiva – spiega Ghelardi –. La nostra intuizione è stata, partendo da alcuni studi risalenti ai primi anni 2000, quella di somministrare a queste donne il vaccino Hpv e abbiamo notato fino a questo momento una diminuzione del ritorno della malattia in circa 8 casi su dieci". Un risultato importante raggiunto grazie a un lavoro fatto "di molte notti e di molte domeniche", ma che ora potrà compiere un ulteriore e forse definitivo passo in avanti.
"Fino ad ora questa ricerca è stata portata avanti grazie a risorse interne dell’azienda coinvolgendo quattro medici per il servizio di secondo livello e 821 pazienti a partire dal 2012 – aggiunge Ghelardi -. In questa nuova fase avremo una sponsorizzazione da parte della casa farmaceutica produttrice del vaccino nell’ordine di 200mila euro che serviranno per coprire i costi vivi della ricerca. Dai dati che abbiamo raccolto e che stiamo raccogliendo sono emerse inoltre anche importanti indicazioni riguardo l’efficacia del vaccino Hpv per le donne di tutte le età, anche se il suo target di riferimento rimane quello delle ragazzine di 11 anni. In questo caso è importante una maggiore sensibilizzazione perché oggi in Italia solo una su due si vaccina e solo aumentando queste cifre fino al 90 per cento si potrà arrivare ad ottenere addirittura l’eradicazione di quella che resta la malattia sessualmente trasmissibile più diffusa".