"Non si può fare tutto insieme. Le risorse sono poche e bisogna fare con quelle che ci sono, la coperta è corta, ma contro la legge non si può andare". Così Vittorio Cucurnia, il delegato provinciale del Coni, interviene sulla precaria situazione delle strutture sportive comunali, deflagrata domenica scorsa in seguito alla vicenda della Dogali dove, nonostante da oltre un anno l’ingresso al pubblico fosse interdetto per motivi di sicurezza, in occasione del derby tra Cmc e Legends di basket, la tribuna era straripante.
"Il Coni è a disposizione per i pareri tecnici di sua competenza, ma ognuno deve fare la sua parte - aggiunge Cucurnia – è stato sistemato lo stadio con uno sforzo notevole e con la sinergia di tutte le parti interessate, adesso occorre procedere con le altre strutture". Il pasticciaccio di via Cattaneo (la piccola strada dove è posto l’ingresso della Dogali) è molto simile al pasticciaccio di via Giovan Pietro (la strada del palazzetto di Avenza). E in entrambi i casi nessuna delle parti è esente da responsabilità, tra leggerezze, errori e furbate. Innanzi tutto il padrone di casa, ovvero il Comune che non si cura di fare rispettare le ordinanze che emette perché con un palazzetto inibito al pubblico dal dicembre 2021 e una Dogali inibita da almeno un anno, non ne ha mai controllato l’osservanza. A seguire ci sono le società, nessuna esclusa che, dopo avere osservato le ordinanze per le prime pochissime settimane (non più di due o tre) hanno aperto le porte che, con un pizzico di ironia, sono diventate socchiuse, scorrevoli, girevoli, come puntualmente sottolineato da La Nazione. In tutti questi anni e ancora di più nell’ultimo, sembra però che anche l’intero consiglio comunale si sia distratto perché il problema non è mai approdato in aula. Eppure più volte La Nazione ha raccontato di ammende giunte alle società per offese o intemperanze del pubblico dove il pubblico non doveva esserci. Del resto se un ex assessore e per giunta allo Sport, sabato pomeriggio era presente sulla tribuna della Dogali per una partita giovanile, non si può parlare di buon esempio e di rispetto delle regole. E poi ci sono i rapporti tra palazzo civico e società per la gestione degli impianti: ormai lontani i tempi in cui ciascuna struttura aveva un servizio di custodia con personale comunale, si è poi passati alle alettante concessioni dove, in cambio di una cifra non trascurabile (si sussurrava di 25mila euro all’anno per il palazzetto e di 15mila per la Dogali) la società che si aggiudicava la gara, gestiva la struttura, impegnandosi a garantire sorveglianza, pulizie e spese ordinarie. Poi sono arrivate le chiavi per tutti, dove non ci sono più responsabili ma ogni società apre e chiude.
Maurizio Munda