Lamporecchio Pistoia), 5 giugno 2018 - Fa un po' effetto incontrarlo senza il megafono che per lui è diventato quasi una protesi, il terzo braccio, quello nel quale si sfoga la rabbia sua e di tutti gli azzerati. Angiolino Campigli, settantenne di Lamporecchio, un tempo uno dei comuni più rossi d’Italia, ammette che nei quasi tre anni dal decreto di risoluzione che azzerò le subordinate, non si è perso una manifestazione in piazza per l’Italia: soprattutto ad Arezzo, l’occhio del ciclone, ma anche a Roma, il cuore politico del caso Etruria, Firenze e ovunque la rabbia dei risparmiatori beffati esplodesse in colorite proteste di strada. Stavolta, col megafono rimasto in soffitta, Campigli per la prima volta racconta nei particolari, in aula e poi con La Nazione, non l’ira di migliaia di azzerati ma il suo caso personale. Che poi non è una bazzecola, visto che anche lui ci ha rimesso 100 mila euro, sia pure rimborsati all’80 per cento col ristoro disposto dagli ormai ex governi di centrosinistra.
«Sono un vecchio cliente di Banca Etruria - spiega - nella filiale di Lamporecchio avevo appunto questi 100 mila euro investiti in obbligazioni». Senior o subordinate, viene subito da domandargli, ma lui risponde «Non ci capisco molto. Credo che fossero ordinarie, ma era una distinzione che mi era del tutto ignota nel momento in cui è scoppiato il bubbone». Fatto sta che Campigli alle operazioni finanziarie preferisce il caro, vecchio mattone. E infatti le obbligazioni, che con quelle di Etruria non c’entrano niente, le vende per comprare un appartamento, con un modesto guadagno. Qualche settimana dopo lo chiamano dalla banca: «Hai comprato?» No, replica lui, mi sto ancora guardando intorno. «E allora - ecco la proposta degli sportellisti - perchè intanto non togli i soldi dal conto corrente e li investi? Almeno ti rendono qualcosa».
Campigli si lascia convincere e sottoscrive la prima tranche delle subordinate Etruria del 2013, quelle di primavera: «Mi ricordo che era il 3 giugno». Poi non ci pensa più per qualche mese. Fino a quando non gli arriva a casa i l primo estratto conto. «Lì cominciai a preoccuparmi, perchè rispetto al valore nominale c’era già una perdita di qualche migliaio di euro. Mi precipitai in banca ma mi rassicurarono: stai tranquillo, vedrai che risaliranno».
Invece, racconta ancora il megafono dei «Salvabanche», il secondo estratto conto si rivela ancora più drammatico del primo: la perdita si consolida e lui torna ancora in filiale, dove ancora una volta lo consigliano di stare buono: non c’è pericolo, al peggio a scadenza quinquennale riavrà per intero il suo capitale. Si arriva così, scavallato il 2014, al febbraio 2015 in cui Banca Etruria viene commissariata. Gli estratti conto di Campigli sembrano un bollettino della disfatta: «Le perdite erano salite ancora. Andai in banca ancora una volta e dissi basta: vendete questi titoli, non voglio più saperne. Almeno salvo una parte del capitale. Ma i dipendenti alzarono le braccia: le subordinate non hanno più mercato, impossibile piazzarle. Chi le ha se le tiene».
Teoricamente non è ancora la fine, perchè a scadenza c’è la banca che deve rimborsare integralmente i sottoscrittori. Ma Bpel, ahinoi, è nel pieno della tempesta. E quando il 22 novembre 2015 si arriva alla risoluzione, le subordinate di Campigli diventano carta straccia. Da allora lui fa il manifestante a tempo pieno. Col megafono sempre a portata di mano. Professione? «Pensionato». E prima? «Facevo l’ambulante».