Femminicidio, l’emergenza: "Troppe donne senza giustizia". L’incontro con una mamma

Giovedì nella sala consiliare interverrà Gigliola Bono, madre di Monia Del Pero, uccisa nel 1989. La lotta: "Adesso mi batto perché le vittime vengano equiparate a quelle delle stragi di mafia".

Femminicidio, l’emergenza: "Troppe donne senza giustizia". L’incontro con una mamma

Femminicidio, l’emergenza: "Troppe donne senza giustizia". L’incontro con una mamma

MONTECATINI

L’ergastolo del dolore di chi subisce il femminicidio e di chi resta. Se ne parlerà giovedì 22 febbraio alle 17:30 in Sala Consiliare a Montecatini. A portare la propria esperienza ci sarà Gigliola Bono, mamma di Monia Del Pero, vittima di femminicidio nel 1989. Parteciperanno anche la dottoressa Natascia Alibani e l’avvocato Sabrina Contrucci, legale di "365 giorni al femminile". C’è attesa, ovviamente, per la testimonianza di mamma Gigliola. Monica era stata uccisa dall’ex fidanzato, da 35 anni si batte perché lo Stato riconosca un giusto risarcimento alle vittime di femminicidio.

Monia aveva 19 anni e con il suo assassino aveva vissuto una relazione di sei mesi. Era un suo coetaneo. Dopo averla ammazzata l’aveva gettata sotto un ponte, in un canale, a Manerbio, in provincia di Brescia, dove era nata e cresciuta. Era il 13 dicembre 1989. Dopo tre giorni di ricerche, a cui ha partecipato, con una sfrontatezza impressionante, anche l’omicida, la confessione: "L’ho uccisa io". Sono passati 34 anni, ma Gigliola Bono non ha mai smesso di lottare. Il reo confesso è stato condannato dopo una lunga trafila giudiziaria, è stato condannato a 10 anni e 8 mesi, più un risarcimento che ha versato solo in minima parte, ed era già ai domiciliari il giorno del funerale di Monia. In carcere è rimasto, alla fine, solo poco più di cinque anni. E mamma Gigliola non lo perdona. Condanna a 11 anni e 8 mesi, con rito abbreviato. Scontati: 5 anni di carcere e altri 2 tra comunità e domiciliari. Poi una nuova vita in Perù.

"Non lo accetterò mai", ha sempre dichiarato Gigliola. E ha pure allestito una mostra itinerante intitolata "Io ti ascolto". Un progetto promosso da Giovanna Montiglio di OMB Saleri e Luca Martini di Elea, in collaborazione con Casa delle Donne, per ricordare Monia e portare nelle scuole, nelle istituzioni e nelle aziende i temi della parità di genere e del rispetto, contro la violenza sulle donne. "La giustizia è stata molto avara con noi. L’assassino è stato una manciata di anni dietro le sbarre, pur essendo accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere". È un dolore pungente, cronico che si riacutizza, senza cura risolutiva, ad ogni femminicidio. "Ma stavolta, con la morte di Giulia Cecchettin, mi è sembrato di fare un replay e tornare a 34 anni fa, quando è stata uccisa la mia Monia". Dalla morte di sua figlia, Gigliola Bono lotta perché le vittime di femminicidio vengano equiparate a quelle delle stragi di mafia. "In tema di risarcimenti, il fattore economico diventerebbe troppo pesante da affrontare per lo Stato. Siamo oltre l’emergenza, visto che in Italia muore una donna ogni due giorni".

Giovanna La Porta