
Due storie d’amore immerse in un’atmosfera noir e ricca di mistero. Ha riscosso apprezzamento da pubblico e critica all’ultimo Festival di Venezia il film "La tana", diretto dalla giovanissima regista Beatrice Baldacci, che vede tra gli interpreti la montecatinese Hélène Nardini. "Quest’opera – spiega l’attrice, da diversi anni protagonista di rie produzioni televisive e cinematografiche – rientra nel programma Biennale College. Un anno prima vengono scelti i progetti di esordienti da finanziare. È una grande opportunità per i giovani registi, che possono dare prova delle loro capacità".
Che tipo di personaggio interpreta in questa pellicola?
"Il mio ruolo contribuisce a portare un’onda di mistero, mentre si incrociano due storie d’amore: quella tra una madre, il personaggio che interpreto, e una figlia a sua volta coinvolta sentimentalmente con un giovane".
È stato difficile interpretare questa parte?
"Non appena l’ho letta, mi sono innamorata della sceneggiatura. Il mio ruolo era complesso: così ho riflettuto un po’ prima di accettare. Detesto interpretare sempre ruoli simili, con il rischio di rimanere intrappolata in un eterno stereotipo. Voglio uscire dalle certezze e questo film mi ha dato un’occasione importante. Nella vita non c’è mai un punto di arrivo definitivo".
Soddisfatta del suo lavoro?
"Non è una questione di insoddisfazione, la crescita non ha mai fine. Ho accettato strade diverse per affrontare nuove sfide".
Lei è la figlia di Galeazzo Nardini, l’artista montecatinese perennemente in sciopero, che portò una ventata di novità e dinamismo in una città addormentata. Sappiamo che ha partecipato a un documentario sugli artisti di strada.
"Vero, ho curato le interviste fatte da alcuni giovani artisti di strada italiani, anche se non compaio in video nel documentario diretto da Luca Immesi, presentato al Bellaria Film Festival. Con lui, prima della pandemia, avevo lavorato nel cortometraggio Amor Fati, dedicato alla violenza sulle donne".
È stato difficile affrontare un tema così crudo?
"E’ stato un altro ruolo molto impegnativo. Quando si toccano certi temi molto seri, l’interprete ha una grande responsabilità. Non puoi immaginarti certe situazioni; devi essere il più possibile sincero e cercare di parlare con chi ha vissuto certi momenti".
Progetti per il futuro?
"Ho fatto diversi provini e sto lavorando a un documentario dedicato a mio padre Galeazzo. L’idea mi è venuta quando era ancora vivo, nonostante lui all’inizio fosse restio. Poi ho iniziato a fare dei video, facendolo parlare di sé. Voglio montare quel materiale, girato mentre la sua malattia era in stadio avanzato. Mi piacerebbe far conoscere il suo lavoro in tutto il mondo".
Daniele Bernardini