Se il Cristo di Carlo Levi si era fermato ad Eboli, la Fabo di Federico Barsotti sembra essersi fermata ad Avellino. Se tre indizi fanno una prova, il materiale a supporto della tesi secondo la quale a livello mentale la squadra rossoblù non sia ancora riuscita a superare il beffardo epilogo della scorsa stagione inizia a diventare consistente, e anche l’andamento del secondo derby di Montecatini è lì a confermarlo: molti dei superstiti della splendida cavalcata che da marzo a giugno ha fatto sognare una città intera non si sono scrollati di dosso le scorie di gara-5, il sacro fuoco che animava questo gruppo e che lo ha portato molte volte a superare i propri limiti sembra essersi spento e i nuovi arrivati, fra equivoci tattici, discontinuità di rendimento e infortuni non sono riusciti ad alimentarlo.
La vecchia Fabo una partita come quella di mercoledì sera non se la sarebbe fatta sfuggire: una volta tornati a -2 dal -13 Natali e compagni hanno avuto le occasioni per mettere la freccia ma non sono riusciti a piazzare la zampata decisiva perdendosi ancora una volta in errori banali (lo sfondamento di Dell’Uomo, il passaggio di Trapani a Burini). La gestione dei possessi importanti è una questione tutt’ora irrisolta, così come l’incapacità di vincere contro avversari di prima fascia. Manca sempre l’uomo forte a cui aggrapparsi nei momenti in cui il pallone scotta, ma con il passare dei mesi emergono sempre di più altre carenze strutturali sottovalutate in fase di costruzione del roster, che poi si ripercuotono sul rendimento in campo.
Anche il presidente Andrea Luchi in un post pubblicato sul proprio profilo Facebook nel day after ha ammesso: "Noi abbiamo molte cose da sistemare e, assieme ad un grande bagno di umiltà, dobbiamo lavorare molto meglio per poter progredire ed avere reali chances di giocare un campionato da protagonisti fino alla fine". Si dice che riconoscere i problemi sia il primo passo per risolverli. Magari con l’aiuto del mercato.
Filippo Palazzoni