MASSIMO MANCINI
Cronaca

Memorie di un esule. Da Spalato a Larciano. La storia di Umberto tramandata dalla famiglia

Moglie e figlia di Markovina custodiscono i dettagli di una vita travagliata

Moglie e figlia di Markovina custodiscono i dettagli di una vita travagliata

Moglie e figlia di Markovina custodiscono i dettagli di una vita travagliata

L’esodo dei residenti di lingua italiana dal territorio giuliano-dalmata e l’incubo delle foibe raccontato da chi ha trovato una nuova vita in Valdinievole. Umberto Marcovina, diventato Markovina dopo l’arrivo di Tito (e così rimasto per sempre), è il protagonista di una storia di salvezza legata alla giornata del ricordo. Umberto nasce a Spalato (attuale Croazia) l’11 gennaio del 1940. La sua era una famiglia benestante. Suo padre Eugenio, insieme a mamma Daria, sono proprietari di diversi negozi di stoffa pregiata. Sono abili commercianti, non si occupano di politica e assolutamente non sono fascisti. Ma improvvisamente tutto cambia. Quello che succederà dopo ci viene raccontato dalla moglie Elide Petrucciani e dalla figlia Silvia. Lui purtroppo per una grave malattia morirà all’età di settanta anni, nel 2010.

"Il clima di paura, di tensione era tremendo – raccontano Elide e Silvia–. C’era un sentimento anti-italiano fortissimo nella popolazione locale jugoslava. Ci fu la caccia prima ai fascisti, molti dei quali furono uccisi. Sapevano cosa era successo alla foibe. Ogni giorno che passava, l’odio verso gli italiani aumentava. Non era possibile continuare a vivere nel terrore. I genitori di Umberto, nella disperazione più profonda, decisero di scappare e rifugiarsi in Italia. Mio marito aveva appena sette anni".

Grazie ad alcuni amici fiorentini, la famiglia Marcovina sbarca in Italia, ad Ancona, poi arriva a Firenze in treno. "A Spalato avevano lasciato la casa, le ricchezze e gli affetti – prosegue il racconto –. Qui in Toscana furono boicottati in vari modi, perché pensavano che fossero fascisti".

Intanto gli anni passano. La mamma di Umberto muore in giovane età. Lui va in collegio agli Scolopi a Firenze. La sua è sicuramente un’infanzia brutta. La conoscenza con la Valdinievole e la signora Elide arriva grazie al calcio. "A fine carriera, fu ingaggiato dalla Lampo – dice la signora Elide – e lì avvenne il nostro incontro, che sfociò in un una bellissima storia di amore". Il matrimonio avviene nel 1973, poi il viaggio di nozze in Jugoslavia, dove non mancarono i problemi. "Prima burocratici e poi di accoglienza da parte delle autorità jugoslave. Fummo subito fermati dalla polizia e interrogati. Ma finalmente, dopo ventisei anni trascorsi dal suo esodo, mio marito Umberto potè riabbracciare sua nonna Maria, che all’epoca aveva novanta anni e che era rimasta a Spalato".

La testimonianza di una vita da esule, viene portata avanti con grande passione e commozione da Elide e Silvia, anche nelle scuole di Larciano. Un racconto che viene tramandato per generazione. Presto sarà compito della nipote Vittoria, figlia di Silvia, continuare a mantenere vivo questo ricordo.

Massimo Mancini