Due pietre d’inciampo sono state collocate davanti all’ingresso del Palazzo Comunale di Larciano. Prima dell’appuntamento della giornata della memoria il sindaco Lisa Amidei, il presidente dell’Anpi, sezione di Larciano e Lamporecchio Roberta Mazzei e Matteo Grasso in rappresentanza dell’istituto Storico della Resistenza di Pistoia hanno parlato alla ampia platea composta in larga maggioranza dai ragazzi delle terze medie dell’Istituto Ferrucci di Larciano. Amidei ha parlato dell’iniziativa per ricordare Leone Molho e Salomone Mordo: "Quando i cittadini si recheranno in comune, – ha detto Amidei – vedranno sulla pavimentazione le due pietre d’Inciampo e l’attenzione si sposterà inevitabilmente sul ricordo di due persone uccise solo perché ebrei".
Lo storico Matteo Grasso ha sinteticamente raccontato le vicende di questi due uomini, arrestati e messi al confino a Larciano. Poi successivamente deportati a Fossoli, in Emilia Romagna e da lì finiti nei campi di concentramento in Germania, da dove non sono più tornati. Al termine della presentazione dell’iniziativa, i rappresentanti dell’amministrazione comunale di Larciano insieme ai ragazzi delle terze medie dell’Istituto comprensivo Ferrucci, si sono recati davanti all’ingresso del palazzo comunale, dove è avvenuta la cerimonia ufficiale della collocazione delle due pietre d’Inciampo, in ottone, che riportano i nomi di due ebrei arrestati. Questi due simboli sono stati realizzati dall’artista tedesco Gunter Demnig e sono dedicati alla memoria di Leone Molho, nato a Salonicco il 15 giugno 1890, catturato a Larciano (dove già si trovava in regime detentivo) nella notte fra il 24 e il 25 settembre 1943, deportato in luogo e data ignoti. Non è sopravvissuto alla Shoah. L’altro si chiamava Salomone Mordo, nato a Corfù il 26 febbraio 1882. Catturato anche lui a Larciano (dove già si trovava in regime detentivo) nella notte fra il 24 e il 25 settembre 1943, deportato in luogo e data ignoti. Anche lui non è sopravvissuto alla Shoah. Da una ricerca storica non si è riusciti a risalire in qual lager furono deportati.
Massimo Mancini