
L'avvocato Sardo con Antonio e Daniela
Montecatini Terme, 9 aprile 2016 - "Il parto con il forcipe ha danneggiato in modo irrimediabile la salute di nostro figlio. L'azienda sanitaria locale deve concedere una corretta valutazione della percentuale di invalidità, il giusto risarcimento per i danni subiti e il rimborso delle spese sostenute in trent'anni». È una storia dolorosa quella di Daniela Morra e Antonio De Finiis, marito e moglie, assistiti dall'avvocato Massimo Sardo di Montecatini. E sul banco degli imputati torna la pinza scomponibile in grado di estrarre i bambini dall'utero, con il rischio di gravi danni celebrali. Uno strumento usato per decenni nel campo dell'ostetricia, spesso con esiti drammatici. «Avevo 18 anni allora – ricorda la donna, residente a Prato con il marito, ma legata con lui al territorio della Valdinievole dove ha scelto il proprio legale di fiducia – e, dopo due applicazioni di ventosa, mio figlio venne estratto con il forcipe all'ospedale di Foggia. Tutto questo è avvenuto dopo un travaglio di 4 ore, causa di problemi anche per la gravidanza successiva. Ho contratto anche il Papiloma virus».
Le condizioni del neonato sono apparse subito difficili già nei primi minuti dalla nascita. «Era cianotico – ricorda la madre – e aveva riportato anche varie lesioni. Non mi hanno fatto fare nemmeno un controllo neurologico. Mio figlio presenta uno strabismo bilaterale, per il quale ha dovuto subire due interventi chirurgici. Questa patologia ha generato una scoliosi, con ritardi psicomotori, problemi di equilibrio e lo slittamento del secondo malleolo». Per il ragazzo è iniziato un lungo percorso fatto di costose cure che, come dichiarano i genitori, non sono mai state coperte dal Servizio sanitario nazionale. A Foggia la commissione per l'invalidità civile ha respinto la richiesta presentata, mentre in Toscana è stata concessa una percentuale del 50%, ben poca cosa per aver diritto a forme di assistenza migliori.
«Mio figlio – spiega Daniela – è abbastanza autonomo, anche se poi non riesce a fare calcoli minimi come quello dei resti della spesa. Dopo che nel 1994 la commissione dell'Asl di Foggia ha respinto la richiesta di invalidità, quattro anni dopo ci siamo trasferiti in Toscana. Qui abbiamo fatto domanda, ottenendo soltanto il 50%. Così, quando nostro figlio ha fatto domanda di assunzione in una nota catena di supermercati, a causa dei suoi problemi di salute, non ha superato il periodo di prova, non godendo delle tutele legate alla percentuale di invalidità». L'avvocato Sardo ribadisce la volontà di ottenere risultati importanti, a tutela del ragazzo e della famiglia. Il legale sottolinea quanto sia giusto «rideterminare la percentuale di invalidità per dare un aiuto concreto a livello socio-economico. I nostri periti, a breve, valuteranno tutte le documentazioni del caso per poter agire di conseguenza».