Lunedì sera al teatro Verdi è andata in scena la Montecatini delle grandi occasioni con la "Turandot e i suoi finali". Ingresso libero e teatro sold out con l’impeccabile logistica e accoglienza di Matteo Cardelli e dello staff del teatro. Lo spettacolo, fortemente voluto dall’associazione Amici della Musica e in particolare da Antonio Mariotti, è stato finanziato con fondi Unesco. L’amministrazione comunale ha fortemente creduto nel progetto che ha come direttore artistico Fabrizio Moschini, direttore della rivista Operaclick e profondo conoscitore di Puccini. Il sindaco Claudio Del Rosso e la vice sindaco Beatrice Chelli hanno sostenuto da subito l’idea. In scena, il capolavoro pucciniano con i due finali: il primo completamento della partitura per mano di Franco Alfano e quello a firma rinviare Luciano Berio, l’unico tra altri finali composti in epoca successiva a riuscire ad entrare in repertorio.
Se poi si considera il punto in cui Puccini si era fermato nella propria partitura, i finali di lunedì al Verdi sono stati addirittura tre. Entrambi i compositori si basarono sui trentasei fogli di appunti contenenti trenta frammenti della musica che avrebbe dovuto seguire la morte di Liù. Appunti che Puccini portò a Bruxelles in occasione del ricovero all’Institut du Radium per un tentativo di cura del tumore alla gola che lo avrebbe condotto alla morte il 29 novembre 1924. "Nella serata che proponiamo – aveva spiegato Moschini – accanto alle pagine più note dell’opera, sarà eseguita la scena della morte di Liù e del lamento di Timur sul corpo della schiava". Quello che viene impropriamente chiamato il ’Finale Puccini’, che caratterizzò la prima assoluta dell’opera e ancora oggi viene proposto in alcune produzioni, è stato seguito dal finale di Berio e poi dal finale originale e integrale di Alfano".
L’intento è stato quello di celebrare il centenario della scomparsa di Puccini approfondendo il prezioso lascito del compositore toscano, l’incompiuta Turandot, confrontando direttamente il primo completamento della partitura per mano di Franco Alfano con l’unico, tra altri finali composti in epoca successiva, a riuscire ad entrare in repertorio, quello di Luciano Berio.
Giovanna La Porta