David Allegranti
Pecore Elettriche

Caso Osama al-Masri. Il governo, che figura

In Italia il modo principale per sfuggire al sovraffollamento carcerario è essere un comandante libico accusato di tortura. In caso contrario pazienza

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Firenze, 26 gennaio 2025 – Le Pecore Elettriche non amano il tono e il registro linguistico dell’indignazione, ma stavolta è necessaria un’eccezione: è incredibile la vicenda della scarcerazione del capo della polizia giudiziaria libica nonché del famigerato carcere di Mitiga, a Tripoli, Osama al-Masri. Non è ancora chiaro che cosa ci facesse a Torino, dove al-Masri – accusato dalla Corte Penale Internazionale, fra le altre cose, di torture e violenza sessuale – era stato tratto in arresto, ma è chiaro che la sua liberazione è avvenuta per un mancato intervento del governo italiano. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio non ha risposto alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Roma, che aveva rilevato un’anomalia nell’incarcerazione di al-Masri.

La polizia infatti di sua iniziativa non avrebbe potuto arrestare l’uomo accusato di essere un torturatore ma soltanto dopo l’autorizzazione del ministro della Giustizia, al quale si sarebbero dovuti rivolgere i magistrati della Corte Penale Internazionale. Al-Masri nel frattempo è già tornato a Tripoli, con un volo di stato italiano, dove è stato festeggiato come un eroe. Sorvoliamo poi sulle parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, per il quale il presunto torturatore “è stato rilasciato per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto”.

“Al-Masri non gode di nessuna immunità internazionale” nota il professor Paolo De Stefani, docente di Diritto internazionale, sulla rivista del Centro di Ateneo per i diritti umani Antonio Papisca dell’Università di Padova: “La serietà dell’impegno del nostro Paese nell’onorare i propri impegni derivanti dalla ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale rischia di essere compromessa, in un momento storico in cui l’esigenza di far funzionare al giustizia penale internazionale è avvertita con crescente urgenza, ma gli ostacoli al suo funzionamento si moltiplicano in modo direttamente proporzionale” dice il professor De Stefani. “Se un cittadino qualsiasi avesse aiutato una persona a sottrarsi all’arresto ordinato da un giudice mettendole a disposizione non un jet ma una semplice bicicletta sarebbe stata immediatamente incriminata per favoreggiamento ai sensi dell’art. 378 c.p.”, dice a Public Policy Emilio Santoro, filosofo del diritto e professore all’Università di Firenze. Secondo il nostro codice penale “chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni”.

Insomma, in Italia il modo principale per sfuggire al sovraffollamento carcerario è essere un comandante libico accusato di tortura. In caso contrario pazienza. Nordio nella sua relazione sull’amministrazione della Giustizia ha escluso, per la riduzione del sovraffollamento “i provvedimenti di amnistia o di scarcerazione lineare che manifesterebbero una debolezza da parte dello Stato. Si può essere generosi quando si è forti, non quando si è costretti dalla necessità delle cose. L’amnistia sarebbe un incentivo alla recidiva”. Ci sono delle eccezioni, appunto. In certi casi ti possono persino rimandare a casa con un aereo dei servizi.

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