DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

Arturo Parisi: "Il Pd non ha scelta: l'alleanza con i Cinque Stelle è irreversibile"

Intervista con l'ex ministro della Difesa: "Il Pd che rinuncia alle primarie? L'ulteriore presa di distanza dal progetto all'origine del Pd, dentro il quale le primarie costituivano un punto qualificante".

Arturo Parisi (Fotoschicchi)

Arturo Parisi (Fotoschicchi)

Firenze, 22 novembre 2023 – Professor Arturo Parisi, il Pd rinuncia alle primarie, almeno in Sardegna e forse anche in Toscana (a Firenze). È un segnale di regressione?

“L’ulteriore presa di distanza dal progetto all’origine del Pd, dentro il quale le primarie costituivano un punto qualificante. Non ci si può tuttavia meravigliare. Già alla fondazione solo parte del gruppo dirigente aveva compreso e condiviso la novità del progetto del Pd come partito nuovo, né continuazione né somma di partiti passati. Figuriamoci ora che la guida è nelle mani di una alleanza tra la nostalgia di chi era prima del Pd, e l’estraneità di chi è venuto dopo. Come dimenticare che la nuova Segretaria del Nuovo Pd varato da Letta è figlia di una rifondazione concordata da ArticoloUno e il ‘vecchio’ Pd in dichiarata rottura col passato? E che quando esordiva l’Ulivo Elly Schlein non aveva ancora dieci anni, e quando nasceva il Pd si era trasferita in Italia dalla sua Svizzera solo da poco?”.

Elly Schlein non va ad Atreju, la festa nazionale di Fratelli d’Italia. C’è il timore di contaminarsi?

“Non il timore. Una scelta. Il rinvio al Parlamento come sede legale di un confronto solo istituzionale. Ma il rifiuto di contribuire a legittimare nella società un partito estraneo al ‘patto costituente’. Un ritorno al Pajetta che diceva ‘coi fascisti abbiamo finito di parlare il 25 aprile del ’45', l’ostilità verso ogni riforma che quel ‘patto’ minacci di infrangere. La conferma della fatica  di superare il passato e di cercare assieme un futuro. E dire che la prima riga della prima scheda dell’Ulivo del ‘96 diceva ‘un patto da scrivere assieme’”.

Giuseppe Conte sembra il nuovo federatore del centro-sinistra. La proposta del M5S potrebbe essere più efficace di quella del Pd in vista delle elezioni europee?

“Federatore era almeno la funzione elucubrata da Bettini e Zingaretti per dare un qualche senso politico alla alleanza improvvisata su due piedi nel 2019 pur di tornare al governo. Una furbata che peggiorò oltre misura l’operazione tattica avviata da Renzi. Tutto nasce da lì. La vicinanza eccessiva tra i due partiti in nome di una certificazione della appartenenza alla stessa famiglia politica. Il riconoscimento del primato di Conte massimo riferimento dei progressisti. E quindi la necessità di difendere questa posizione in una competizione destinata a farsi sempre più insidiosa. Che ci riesca è tutto da vedere. Di certo le prossime Europee costituiscono la prova più dura”.

In ogni caso, che fare del rapporto con il M5S e con il suo leader?

“Non credo che il Pd abbia molte scelte. Non è un caso che Schlein ribadisca il rifiuto di ogni competizione tra i due partiti dicendo di preferire la riconquista degli astensionisti. L’alleanza coi 5S è al momento irreversibile. Con Conte che guida l’agenda dei diritti sociali, e lascia a Schlein quella dei ‘diritti civili’. Le elezioni regionali e locali imminenti ne sono la prova più sicura. La condivisione coi 5S della decisione di dimenticare le primarie. La scelta di concordare al tavolo dei partiti la spartizione dei posti di guida delle diverse amministrazioni”. 

Che ne pensa della decisione di Renato Soru di uscire dal Pd?

“Non solo dal Pd, ma anche dall’alleanza progressista guidata dal M5S col Pd. Oramai è purtroppo un fatto che, come ho ripetuto invano, le primarie avrebbero potuto evitare. Per di più un fatto non nuovo. Ignorato da chi sta sul Continente e trascurato perfino in Sardegna, già in molti comuni si è assistito ad uscite dal Pd di esponenti di prestigio che presentatisi alle elezioni fuori e contro il partito hanno conquistato le amministrazioni”.

La dirigenza del Pd ha assunto un profilo troppo identitario?

“Sembra aver perso coscienza che al centro della politica sta il governo e ripensato la scelta di dare un governo al Paese raccogliendo, all’interno di una coalizione, il consenso diretto della maggioranza dei cittadini. Quanto alla sua specifica identità tutto dipende dalla funzione che dentro la coalizione il Pd si propone”.