David Allegranti
Pecore Elettriche

Sollicciano cade a pezzi, qui la dignità è morta

Secondo una recente ordinanza del Tribunale di Sorveglianza è “impossibile assicurare una situazione non contraria al senso di umanità se non risolvendo a monte le problematiche che investono l’intero edificio sotto il profilo strutturale e igienico-manutentivo”

Pecore elettriche

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Firenze, 13 ottobre 2024 – Avere l’acqua calda in cella (e non solo), ha stabilito con un’ordinanza il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, è un diritto, ma il filosofo del diritto Emilio Santoro, fondatore de L’Altro Diritto e professore ordinario all’Università di Firenze, è parzialmente soddisfatto del risultato ottenuto dall’accoglimento del ricorso presentato dalla sua associazione.

Certo, l’ordinanza inverte l’onere della prova sulle condizioni di detenzione (il magistrato Claudio Caretto, nel rigettare il ricorso, diceva che l’Amministrazione Penitenziaria poteva semplicemente dichiarare errate le asserzioni del detenuto, contraddicendole, senza provare che erano sbagliate, ma il reclamo appena accolto sostiene che l’Amministrazione deve provare e non dichiarare che il ristretto ha detto il falso). Certo, le parole usate da Caretto sono considerate lesive della dignità del detenuto, deridenti, “e se il presidente del Tribunale Marcello Bortolato non presenta un esposto al Csm lo facciamo noi”, ci dice Santoro. Ma ci sono motivi, sostiene ancora Santoro, per non essere pienamente soddisfatti. L’ordinanza dà fino a 90 giorni all’amministrazione penitenziaria per realizzare i lavori già programmati nel carcere di Sollicciano, “senza disporre che nel frattempo il detenuto sia messo in condizioni di dignità. Forse su questo dobbiamo andare in Cassazione e vedere se ci viene data ragione; se invece ci dà torto a quel punto avremo finito i rimedi interni e potremo andare dalla Cedu”. Trascorsi i 90 giorni, oltretutto, in assenza di miglioramento delle condizioni del detenuto, quest’ultimo deve essere trasferito.

Il problema è che i ristretti non vogliono essere trasferiti, magari lontani dai parenti e dagli affetti, ma avere condizioni detentive umane e non degradanti: “Abbiamo fatto oltre un centinaio di ricorsi e l’unica cosa che i detenuti ottengono è quello che non vogliono: essere trasferiti lontani dai loro legami”, commenta amaramente Santoro. È già successo, spiega il professore: due ordinanze firmate dalla dottoressa Susanna Raimondo, che accoglievano le istanze presentate dai detenuti, davano 60 giorni all’amministrazione penitenziaria per risolvere i problemi lamentati dai ristretti.

“Sessanta giorni al termine dei quali i detenuti se erano ancora in condizioni inumane e degradanti dovevano essere trasferirti… Come al 59esimo giorno è puntualmente successo”, dice Santoro che sintetizza amaramente: “Vinciamo sul piano giuridico, ma peggioriamo la situazione dei detenuti”. Il caso è peraltro destinato a ripetersi, considerate le condizioni di Sollicciano. Lo lascia intendere la stessa ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, per il quale è “impossibile assicurare al reclamante il ripristino di una situazione di piena esecuzione non contraria al senso di umanità se non risolvendo a monte le problematiche generali che investono l’intero edificio sotto il profilo strutturale e igienico-manutentivo e dunque con interventi di manutenzione straordinaria di risanamento”.

Ma nessuno è in grado di garantire un rapido svolgimento di lavori peraltro in arretrato. Quindi cosa accadrà a Sollicciano? Il carcere, sovraffollato e in condizioni pietose, via via si svuoterà a colpi di ordinanze della Sorveglianza?

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