Firenze, 9 agosto 2021 - Sul reddito di cittadinanza il finanziere Davide Serra si schiera con Matteo Renzi. Un tempo, su Twitter, menava fendenti contro misure da lui considerate parassitarie. Oggi non è più su Twitter (troppe polemiche a quanto pare) ma non smette comunque di dire la sua.
Specie su un tema caldissimo come il reddito di cittadinanza: “Aspetto il referendum per votare”, dice alla Nazione Serra, uno che non è mai stato tenero con i Cinque stelle, principali sostenitori del sussidio introdotto nel 2019: “Usano la parola popolo per aumentare disoccupazione e distruggere crescita e fiducia e finanziano tutto solo con debito”, ha detto una volta Serra al Foglio parlando degli acerrimi avversari a Cinque stelle. “Il loro unico obiettivo è ciulare uno stipendio che nessuno gli darebbe nel settore privato. Nessuno dei Cinque stelle prenderà mai più uno stipendio come quello da politico il giorno in cui se ne torneranno a casa”.
A ciascuno il suo reddito di cittadinanza, insomma, pensava (e pensa tuttora) Serra per il quale quella misura va abolita tramite referendum, come chiede oggi Renzi: “Nel 2022 vorrei che l’Italia potesse decidere se continuiamo con questo fallimento o se questi soldi li mettiamo per cose che servono: soprattutto per riqualificare il lavoro delle persone”, ha detto nei giorni scorsi il capo di Italia viva: “Quindi faremo questa raccolta di firme. Mi piace pensare che chi di referendum ferisce di referendum perisce. Il M5s ha vinto contro di me quello sulla Costituzione, ora credo che gli italiani abbiano diritto di esprimersi se vogliamo andare avanti sui sussidi o sul lavoro”.
C’è tuttavia un problema, come ha notato in un tweet Edoardo Caterina, costituzionalista, docente a contratto all’Università di Firenze. Secondo la legge (articolo 31, legge 352/1970), “non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime” (come noto, si vota nel 2023). C’è anche un altro problema, politico e non tecnico: il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che a lui il reddito di cittadinanza va bene. Va migliorato, certo, ma non abolito: “Il concetto alla base del reddito di cittadinanza io lo condivido appieno”. D’altronde è difficile eliminare una misura come questa quando viene introdotta. Come spiega l’Inps, i nuclei beneficiari di almeno una mensilità di reddito di cittadinanza e pensione di cittadinanza “nell’anno 2019 sono stati 1,1 milioni, per un totale di 2,7 milioni di persone coinvolte; nell’anno 2020 i nuclei sono stati 1,6 milioni, per un totale di 3,7 milioni di persone coinvolte. Nei primi sei mesi del 2021 i nuclei beneficiari di almeno una mensilità sono già 1,6 milioni per un totale di 3,7 milioni di persone coinvolte”.
L’importo medio mensile erogato è crescente nel tempo: “Complessivamente è aumentato dell’11 per cento, passando da 492 euro erogati nell’anno 2019 a 548 euro erogati nell’anno 2021. Il differenziale assoluto tra Sud/Isole e Nord è stabile e di poco superiore a 100 euro al mese”. Nel mese di giugno 2021 i nuclei beneficiari di reddito di cittadinanza sono circa 1,2 milioni (90 per cento) “mentre i nuclei beneficiari di pensione di cittadinanza sono 128 mila (10 per cento), per un totale di 1,34 milioni di nuclei. Tale composizione varia in virtù della zona geografica: i nuclei percettori di RdC, rispetto ai nuclei percettori di PdC, hanno un peso minore nelle regioni del Nord, e maggiore al Centro e soprattutto nel Sud e Isole”, dice l’Inps.