
Carlo Nordio, ex magistrato, è ministro della Giustizia del governo guidato da Giorgia Meloni
Firenze, 20 aprile 2025 – Il nuovo decreto sicurezza licenziato dal governo piace in sostanza solo alla maggioranza. Diversi giuristi hanno denunciato il ricorso, ancora una volta, alla decretazione d’urgenza. Ma poi c’è il merito del nuovo pacchetto sicurezza, che la giunta dell’Unione delle Camere Penali considera una vera iattura: “Inutile introduzione di nuove ipotesi di reato, molteplici sproporzionati e ingiustificati aumenti di pena, introduzione di aggravanti prive di alcun fondamento razionale, sostanziale criminalizzazione della marginalità e del dissenso, introduzione di nuove ostatività per l’applicazione di misure alternative alla detenzione, consequenziale aumento della popolazione carceraria, ulteriore aggravio del fenomeno del sovraffollamento, insufficienza degli interventi per ridurre sia il sovraffollamento carcerario in crescita progressiva sia il tragico fenomeno dei suicidi in carcere che ha raggiunto il numero record nel 2024”.
Il decreto sicurezza fra le altre cose introduce anche il reato di rivolta all’interno di un carcere (e nei Cpr), che va a colpire persino chi resiste passivamente. Eppure in certi casi la protesta (pacifica, beninteso) è l’unica possibilità per cercare di farsi ascoltare nelle carceri sovraffollate e fatiscenti, nelle quali ci si continua a suicidare (il caso di Solliciano è stato più volte affrontato da La Nazione). Il diritto penale è una risorsa scarsa, andrebbe usato con parsimonia. Il governo invece continua a inventare nuovi reati, anche se poi cerca di dare la colpa ai giudici. Al che appare un po’ bizzarro che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ammetta – meglio tardi che mai! – che il problema c’è e che alcune soluzioni pensate fin qui dal governo non sono utili: “Il numero dei suicidi in carcere è vero che è aumentato, ma era intollerabile anche quando erano meno”, ha detto al Senato giovedì della settimana scorsa. E poi “E’ un fenomeno radicato nel sistema carcerario che non può essere risolto né con una legge, né con l’aumento dell’edilizia carceraria”.
Beh, ma allora perché non fare ricorso, anche in questo caso, alla decretazione d’urgenza? Una volta tanto il carattere emergenziale – anche se ormai quello che doveva emergere è già emerso – ci sarebbe. Ma il governo è preso da altro. Dal pacchetto sicurezza, appunto. Eppure, come ha notato l’associazione italiana di professori di diritto penale “pensare di garantire la sicurezza dei cittadini facendo esclusivo affidamento sul diritto penale è illusorio. Come confermano studi scientifici condotti a livello nazionale e internazionale, la creazione di nuovi reati o l’inasprimento delle pene non può garantire di per sé migliori livelli di sicurezza per i cittadini, né risolvere le cause – economiche, sociali, culturali – alla base delle forme di criminalità che si intendono contrastare… Gli investimenti per la sicurezza pubblica, pur non assenti nel ‘pacchetto sicurezza’, hanno purtroppo un peso marginale nel contesto del decreto-legge”. Ancora una volta, sottolinea l’associazione, “la politica sembra preferire il diritto penale ‘a costo zero’, rinunciando a promuovere investimenti che potrebbero realmente migliorare il benessere sociale”. Sicurezza collettiva compresa.