Firenze, 26 aprile 2022 - Elon Musk comprerà Twitter per 44 miliardi di dollari, dopo settimane di trattative. È bastato l’annuncio a seminare il panico. Via da Twitter, bye bye Twitter. Vibranti prese di posizione che ricordano quelli, anni addietro, che annunciavano l’addio all’Italia in caso di vittoria di Silvio Berlusconi o agli Stati Uniti in caso di vittoria di Donald Trump.
Forse servirebbe un censimento apposito per capire come stiano, oggi, questi milioni di expat. “La libertà d’espressione - ha twittato Musk - è il fondamento di una democrazia funzionante, e Twitter è la piazza digitale in cui le questioni vitali per l’umanità vengono dibattute”. In diversi temono che questa libertà d’espressione venga scambiata per libertà di insultare, aggredire, colpire, menomare le libertà altrui.
Temono un ritorno di Trump su Twitter. Temono il diffondersi di troll (in realtà Musk vuole identificare gli esseri umani). C’è forse un eccesso di pessimismo, ma soprattutto un eccesso di preoccupazione per un mezzo di comunicazione importante ma che non contiene la nostra umanità, intesa come capacità relazionale all’interno di uno spazio pubblico. Se il problema è Trump, giova ricordare che è il Twitter di oggi ad aver contribuito alla crescita del trumpismo, salvo togliergli la parola quando faceva più comodo. Davvero dunque ha ragione Byung Chul-Han quando spiega che “abbiamo smesso di vivere il reale”.
Senz’altro è reale anche la conversazione pubblica su Internet; stupisce però che non si riesca a contestualizzarla, a contenerla. Il che dice molto soprattutto su di noi, non sul mezzo che usiamo. Ed è poi stupefacente osservare molte persone preoccupate per la eventuale linea politica di Twitter infischiarsene per quella, direi più pervasiva, di alcune tv nazionali che da settimane ci riempiono di pane e Orsini a ogni ora del giorno.