
Il politologo Yascha Mounk, professore associato di pratica degli affari internazionali alla Johns Hopkins University a Washingto
Firenze, 9 marzo 2025 – Domenica scorsa a Testo, giovane fiera di libri che da qualche anno va in scena alla Leopolda di Firenze, ho presentato il mio ultimo libro, ’Come parla un populista’. A un certo punto, sul finire, Tommaso Ciuffoletti, carissimo amico, brillante oratore e intellettuale, mi ha chiesto che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi così trumpianamente connotati. Ora, io non so che cosa potrebbe succedere. Servirebbe una palla di lardo o una palla di cristallo. Qualcosa però si può dire. Se dovessi concentrare l’attenzione sulle prossime evoluzioni lo farei sull’Unione Europea. Donald Trump ha espressamente detto che l’Europa è nata per “fregare” gli Stati Uniti. Questo è quello che pensa di noi. Magari nella sua rinnovata visione imperiale dell’esistente, ritiene giusto che il mondo venga diviso in nuove sfere di influenza fra potenze - Usa, Cina, Russia - che gestiscono in mondo in barba a tutto il resto, Europa compresa. L’Unione Europea potrebbe dunque avere una grande occasione, nonostante tutto. Che è quella di trovarsi o di ritrovarsi. Dopo essere stata, come dice il politologo Yascha Mounk, in vacanza dalla Storia per un’ottantina d’anni, l’Europa potrebbe iniziare pensare che non ci sono più gli Usa a volerla difendere. Trump ce lo ha detto chiaramente: l’Europa deve fare da sola. Per lungo tempo siamo stati abituati a pensare agli Stati Uniti come a degli sceriffi globali, pronti a intervenire.
Trump ha dato un nuovo indirizzo alla politica estera degli Stati Uniti e da un certo punto di vista è giusto così. Ha vinto le elezioni sulla base di un principio opposto a quello dei suoi predecessori: America First. Prima viene l’America e poi il resto del mondo. E allora lasciamolo fare, mi verrebbe da dire. Trump è uno stress test per la democrazia liberale, ma anche per l’Europa. Per questo sarebbe necessario costruire, finalmente, un esercito europeo, realizzare una difesa comune. Non per il ’furore bellicista’, come dice sempre il solito Beppe Conte, pronto a bollare come ’corsa agli armamenti’ qualsiasi aumento della spesa per la difesa. Francamente non capisco. Non c’è niente di bellicista nel volersi difendere. Nessuno vuol vedere il mondo bruciare, non io almeno. Non siamo futuristi, non io almeno. La guerra non è un esercizio di stile da chiacchiera da bar. Se nel 2025 siamo costretti ad aumentare la spesa militare, a costruire una difesa comune europea lo facciamo perché ci sono delle ragioni precise. Perché per esempio non sappiamo fino in fondo quali siano le mire di Vladimir Putin.
Non è riuscito, e non per un caso, a sventrare l’Ucraina, contrariamente a quanto detto dal signor Alessandro Orsini. Ma chi ci dice che in futuro non possa volersi allargare con le invasioni di altri paesi? Dobbiamo stare a guardare? Che cosa c’è di bellicista nel permettere all’Ucraina di entrare nella Nato?Niente. Oltretutto, fa sorridere che queste considerazioni vengano condivise anche dai leghisti di Matteo Salvini, quelli che invocano la difesa ’sempre legittima’ a sostegno di ogni Gioielliere che Spara al Ladro. Benissimo, metaforicamente Putin è il ladro e Volodymyr Zelenksy il gioielliere rapinato e aggredito; secondo lo standard di ragionamento della Lega, quest’ultimo è pienamente legittimato a difendersi.