Firenze, 4 giugno 2021 - Le leadership istantanee non sono difficili da costruire. Abbiamo numerosi esempi, alcuni illustri, uno per tutti quello di Matteo Renzi, che ci ha messo pochi anni a dissolvere il proprio patrimonio politico-elettorale (nonché il proprio capitale sociale, ma questa è un’altra storia). Adesso la questione si sposta nel centrodestra, dove Matteo Salvini e Giorgia Meloni si stanno litigando l’eredità politica del berlusconismo, seppur da due prospettive diverse. Il segretario della Lega è al governo, la leader di Fratelli d’Italia - in forte crescita - è all’opposizione.
Un ruolo che sta portando bene a Meloni, come si capisce dai sondaggi, e che impone a Salvini un cambio di passo. Dopo la crisi del Papeete, il leder della Lega non è riuscito a recuperare uno spazio di agibilità politica simile a quello avuto in precedenza, all’epoca del Conte 1. Per non farsi schiacciare dall’alleanza di governo - seppur scricchiolante - Pd-Cinque stelle e per non farsi superare a destra da Giorgia Meloni, il segretario della Lega se n’è uscito con la proposta della “federazione di centrodestra”. Un’idea che non dispiace a Berlusconi.
“Credo e spero entro giugno di arrivare alla federazione delle forze di centrodestra, almeno di quelle che sostengono il governo Draghi. Tutte”, ha detto Salvini in un’intervista al Giornale. “Siamo tutti sullo stesso piano ma dobbiamo fare un passo in avanti. Per esempio creando gruppi unici alla Camera e al Senato”.
Salvini sta evidentemente puntando a raccogliere il consenso dell’elettorato berlusconiano superstite, replicando quanto fatto con il M5s ai tempi del governo gialloverde, quando assorbì il malcontento dell’elettorato grillino, evidentemente deluso dai Cinque stelle.
Prima sbandiera sui social la sua fede ritrovata (non dimentichiamo quando faceva i comizi con il rosario), poi si schiera con i Radicali per invocare, via referendum, una riforma della giustizia che preveda la separazione delle carriere fra pm e giudice e introduca la responsabilità civile dei magistrati. Non c’è tema più berlusconiano della giustizia.
“Mi sembra un segnale di difficoltà di Salvini, che tenta la stessa carta in Italia e in Europa”, mi dice Lorenzo Castellani, professore di Storia delle istituzioni politiche alla LUISS. L’ex ministro dell’Interno sta infatti cercando di avvicinarsi sempre di più al PPE, non è chiaro ancora se per adeguarsi allo standard liberale europeo o se per spostare i popolari più a destra. Comunque, osserva Castellani, “è come una azienda in difficoltà che dice ‘fondersi è meglio che fallire’”.
Berlusconi, riunito online con i vertici di Forza Italia, dice di valutare la proposta di Salvini con “grande attenzione”. Ma diversi dirigenti italo-forzuti temono comprensibilmente di essere annessi alla Lega. Come Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Nella riunione le due ministre avrebbero fatto presente di voler “difendere e valorizzare la nostra identità, i nostri valori”, non diventare ostaggio politico della Lega.
Aggiunge Gabriella Giammanco, vicepresidente di Forza Italia al Senato: “Ho letto che entro giugno si dovrebbe dar vita a una federazione dei partiti del centro-destra che sostengono il Governo. Non siamo ai saldi di fine stagione, Forza Italia non può disperdere il suo tesoretto di voti e svendere la sua storia. Mi domando perché tanta fretta e per quale motivo non si apra su questo argomento un dibattito autentico in Forza Italia con il nostro leader Silvio Berlusconi”.
Su un passaggio così delicato, dice Giammanco, “sarebbe giusto ascoltare tutti e che la decisione finale fosse la più condivisa possibile. Personalmente ritengo che non sia il momento di parlare di operazioni del genere. L’abbiamo sempre detto: pur riconoscendoci nell’area di centro-destra rispetto ad altri partiti che ne fanno parte siamo una realtà diversa. Cosa sarebbe cambiato? I nostri elettori non capirebbero”. Un’operazione simile, sottolinea Giammanco, “dovrebbe andare a beneficio di tutti ma temo che in questo caso a beneficiarne sarebbe soltanto la Lega”.