DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

Beppe Conte è un personaggio pirandelliano: uno, nessuno e centomila

"Non dobbiamo cedere all’onda emotiva" ha detto annunciando il no del M5s all'aumento per le spese militari. Ma questi accordi sono stati presi nel 2014 in sede Nato

Pecore elettriche

Firenze, 24 marzo 2022 - Dice, Beppe Conte, che il M5s voterà no all’aumento per le spese militari. "Non dobbiamo cedere all’onda emotiva che sembra indurci a difenderci da una imminente aggressione russa. L’urgenza rimane invece proteggere famiglie e imprese dalla crisi”, ha detto l’ex presidente del Consiglio in un’intervista alla Stampa. L’emotività tuttavia centra poco. L’impegno di aumentare la spesa non è stato preso adesso con la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, ma già nel 2014 in sede di accordi Nato.

Non è stata quindi una decisione emotiva, come potrebbe suggerire il recente voto di un ordine del giorno in parlamento che impegna il governo a raggiungere la quota del 2 per cento del Pil in spese militari. Secondo un’analisi dell’Osservatorio conti pubblici italiani, fra il 1980 e il 2021 la spesa militare in rapporto al Pil non ha subito grandi variazioni. “Dopo l’aumento all’inizio degli anni ‘80, è tendenzialmente scesa dopo la caduta del muro di Berlino, raggiungendo l’1,09 per cento del Pil nel 1995 (anche per le politiche di contenimento della spesa dopo la crisi valutaria del 1992). Nei due anni dopo, la spesa si è ripresa stabilizzandosi attorno all’1,29 per cento”. A partire dal 2002 “si registra un nuovo calo, fino al minimo storico quattro anni dopo. Prima della pandemia, il rapporto si è stabilizzato su valori più bassi di quelli dei trent’anni precedenti”.

L’aumento nel 2020, fino al 1,22 per cento del Pil, “è dovuto sia all’incremento degli stanziamenti (circa 1,6 miliardi), sia alla caduta del Pil indotta dalla crisi Covid-19. Anche nel 2021 gli stanziamenti sono aumentati di altri 2,2 miliardi rispetto all’anno precedente. A causa dell’aumento delle risorse nel biennio 2020-2021, il rapporto sarebbe cresciuto anche in assenza della caduta del Pil".

Nel contesto internazionale, nel 2020 l’Italia si collocava al 102esimo posto (su 147 paesi considerati) per spesa militare su Pil, sotto tutti i G7 tranne il Giappone, e sotto la mediana Ue (1,6 per cento) e Nato (1,8 per cento).

Eppure, così come gli altri Paesi membri della Nato, anche l’Italia si è impegnata - entro il 2024 - a rispettare alcuni punti del Defence Investment Pledge (DIP): spesa per la difesa rispetto al Pil del 2 per cento; componente di investimento militare del 20 per cento; partecipazione alle missioni, operazioni e altre attività di sicurezza internazionale. Tutte informazioni che Conte, da ex presidente del Consiglio, dovrebbe conoscere. Oppure, viene il dubbio, le conosce ma preferisce buttarla in caciara.

“Non potremmo assecondare un voto che individuasse come prioritario l’incremento delle spese militari a carico del nostro bilancio nazionale. In questo caso il Movimento non potrebbe fare altro che votare contro”, ha aggiunto Conte nell’intervista. Ma così cadrebbe il governo, è la naturale osservazione. “Ognuno farà le sue scelte”, ha replicato lesto Conte, che rimane un personaggio pirandelliano. Uno, nessuno e centomila. Buono per tutte le stagioni.