DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

Gli errori di Kamala e il trionfo di Trump

Aver giocato parte della campagna elettorale sul voto delle donne per una donna non è senz’altro stato utile alla causa

Kamala Harris ha perso le elezioni americane contro Donald Trump. La sua sconfitta impone interrogativi ai democratici

Kamala Harris ha perso le elezioni americane contro Donald Trump. La sua sconfitta impone interrogativi ai democratici

Firenze, 10 novembre 2024 – “Non si vince un’elezione dando del razzista o del sessista o dello stupido alla gente comune. Si vince ascoltandola”, hanno scritto Bari Weiss e Oliver Wiseman su «The Free Press»: «E la nostra élite mediatica ha messo la testa sotto la sabbia. Di nuovo. Sembra che pensino che, continuando a dare del bigotto agli americani, un giorno capiranno il messaggio». In effetti dare la colpa all’elettorato è sempre molto facile.

E dunque adesso è facile prendersela con quei bifolchi, quei beoti eccetera eccetera che hanno votato Donald Trump. Ma non possiamo piuttosto concentrarci sul fatto che forse, diciamo forse, Kamala Harris non era la candidata giusta? Che sul tema sensibile dell’immigrazione non aveva svolto al meglio, a voler essere gentili, il compito che le aveva affidato, nei panni di vicepresidente, Joe Biden? Aver giocato parte della campagna elettorale sul voto delle donne per una donna non è senz’altro stato utile alla causa; peraltro era successo esattamente la stessa cosa con Hillary Clinton nel 2016, quando Trump vinse la prima volta le elezioni.

Anche aver radunato tutte quelle star di Hollywood, salite sui palchi, virtuali e non virtuali, a sostegno di Harris, non ha pagato. Forse i Democratici si sarebbero dovuti muovere in tempo, prima dunque del disastroso dibattito televisivo fra Joe Biden e Trump, come sostiene qualcuno adesso? «Se (Joe Biden) si fosse ritirato prima, forse ci sarebbero stati altri candidati», ha detto Nancy Pelosi, già speaker della Camera, durante il podcast del New York Times «The Interview». Biden si è ritirato soltanto il 21 luglio, dice Pelosi, dunque troppo tardi. C’è da dire però che il ragionamento di Pelosi sul ritiro tardivo di Biden vale anche per lei: se gli attuali vertici fossero in pensione da tempo non esisterebbe forse oggi una dirigenza migliore alla guida dei Democratici?

In ogni caso con i se non fa la storia, si dice, e diremmo nemmeno la cronaca politica. Si può però pensare di essere più laici possibili con l’analisi dei dati di fatto e porsi qualche domanda: il problema è degli elettori, che senz’altro sbagliano come tutti, oppure della candidata Harris? «Durante la campagna elettorale Harris non ha mai fatto riferimento al suo lavoro come vicepresidente (forse non per un caso, nota delle Pecore Elettriche), citando invece spesso la sua esperienza di procuratrice distrettuale di San Francisco (eletta nel 2003) e poi di procuratrice generale della California (a partire dal 2010)», ha osservato Piotr Smolar su «Le Monde»: «La storia di una donna di legge impegnata a combattere i gruppi criminali, il traffico di droga e le grandi multinazionali è stata idealizzata come in un fumetto Marvel, trasformandola in una sorta di Capitan America. Questa narrativa sembrava ideale per sconfiggere Donald Trump, condannato in sede penale, riconosciuto responsabile di una molestia sessuale in sede civile e incapace di nascondere il suo apprezzamento per il leader cinese Xi Jinping o il suo omologo russo Putin. I democratici pensavano che sarebbe bastato». Harris ha faticato a creare un legame con gli elettori. Il tycoon ha realizzato una nuova religione politica. Harris si è circondata di star, Trump è lui una stella. Per fare politica, come insegnava Max Weber, serve il charisma.

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