Firenze, 3 aprile 2022 - La guerra in Ucraina è iniziata da più di un mese e non si vede l’inizio della fine. Nonostante le mezze parole degli autocrati russi. Nonostante la propaganda che arriva dal Cremlino. Nonostante presunti cambi di obiettivo, più contenuti, da parte delle forze militari russe. E questo perché di Vladimir Putin non ci si può fidare, lo hanno spiegato bene Anna Politkovskaja e Catherine Belton nei loro libri, “La Russia di Putin” (recentemente ripubblicato da Adelphi in versione tascabile) e “Gli uomini di Putin” (La Nave di Teseo). È dunque preferibile la cautela alle certezze, vale anche per quegli esperti di geopolitica che a tre giorni dall’invasione dell’Ucraina ripetevano con sicumera che no, la Russia non avrebbe attaccato.
In pochi conoscono le intenzioni di Putin, quindi noialtri possiamo limitarci a una domanda: che cosa fare per renderci energeticamente autonomi dalla Russia? L’Italia importa il 95 per cento di gas naturale dall’estero; oltre il 40 proprio dalla Russia, Paese con cui non siamo formalmente in guerra - checché ne dicano quelli che non hanno compreso bene il senso dello stracitato articolo 11 della Costituzione - ma nei confronti del quale, come europei e come americani, applichiamo sanzioni sempre più dure. Se da una parte dunque colpiamo la Russia con le sanzioni, dall’altra continuiamo ad acquistare gas e petrolio, dando ai cleptocrati denaro con cui poi possono comprare armi per attaccare l’Ucraina e chissà quali altri Paesi in futuro.
“Forse non esiste un ordine liberale mondiale naturale, ma esistono società liberali”, ha scritto Anne Applebaum su The Atlantic. Sono tutt’altro che perfette, ma restano di gran lunga migliori alle alternative. Siccome la guerra è a duemila chilometri da noi (sono pochi, invero), pensiamo che le sue conseguenze non ci riguardino. Che sia tutto così lontano da non sfiorarci. Forse dopo un mese di guerra e due anni di emergenza sanitaria, siamo pure stremati, comprensibilmente, e vogliamo pensare ad altro. Eppure, non è finita.
Difendere una società liberale - la nostra - ha un costo, sul lungo ma anche sul brevissimo periodo. Che cosa siamo disposti a fare per renderci autonomi dalla Russia? A che cosa siamo disposti a rinunciare? Si può adoperare una politica di appeasement con i capi di una società illiberale? Quanto siamo disposti a pagare, insomma? “I leader europei dovrebbero chiarire al pubblico che non possono sconfiggere un avversario pronto a resistere al calo del 20 per cento del Pil se gli stessi Europei non intendono rischiare di perdere neanche il 2 per cento del proprio”, ha scritto Jean Pisani-Ferry, professore allo European University Institute di Fiesole. I singoli Stati, dovrebbero averlo capito persino i sovranisti più cocciuti, non possono fare niente da soli. Serve l’Unione Europea (e forse non basta neanche quella).