Firenze, 1 dicembre 2024 – Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca coincide con una radicale crisi di fiducia. Nei media, nel sistema politico tradizionale e anche in sé stessi. Fin dal 1972, e regolarmente ogni anno dal 1997, l’istituto di ricerca Gallup interpella gli statunitensi sulla loro fiducia nei media. Oltre 50 anni fa, gli americani che dicevano di fidarsi molto o abbastanza dei media erano il 68 per cento. Nell’ottobre 2023 - appena un anno prima delle elezioni presidenziali del novembre 2024 - la percentuale è scesa al 32 per cento, peraltro la stessa del 2016, quando Trump vinse le elezioni presidenziali contro Hillary Clinton. Allo stesso tempo, un altro 29 per cento degli statunitensi adulti dice di non avere molta fiducia mei media, mentre il 39 per cento – cifra record – afferma di non averne affatto. “Questi quasi 4 americani su 10 che mancano completamente di fiducia nei media sono il record più alto mai registrato” scrive Gallup. Il 39 per cento di sfiducia totale nei media è persino di 12 punti superiore al sondaggio del 2016, quando, tra l’altro, gli statunitensi che dichiaravano di non avere molta fiducia nei media erano il 41 per cento. Trump ha alimentato questa sfiducia nel sistema mediatico attraverso continui attacchi, alcuni anche personali, contro giornali, radio e tv. La crisi della fiducia è forse una chiave di interpretazione possibile di alcuni fenomeni politici. Tra questi anche il trumpismo. Ma la mancanza di fiducia è rivolta, dalle persone, anche contro sé stesse. Tutti noi - elettori, cittadini - vorremmo essere nel pieno controllo delle nostre vite. Tuttavia inflazione, guerre, eventi che sfuggono al nostro dominio ci obbligano a pensare di essere impotenti. Siamo impotenti quando votiamo e al nostro voto non corrispondono, neanche in caso di vittoria, atti concreti e coerenti con le nostre scelte. Dunque la fiducia non viene meno soltanto nelle istituzioni, nei media e nei partiti. È anche per questo che le storie personali di leader come Trump (autore non a caso di un libro di successo su come fare affari) corrono in soccorso di molta umanità alla ricerca di una soluzione ai propri problemi. Anche a problemi complessi della società. Alcuni leader si candidano per offrire al popolo la possibilità di tornare nel pieno possesso delle proprie facoltà elettorali. Poi però sono anche loro costretti a venire a patti con la realtà. È il destino dei populisti - come in Italia i Cinque Stelle - che da piromani sono diventati pompieri dopo aver frequentato qualche stanza del Palazzo. Giorgia Meloni invece - che non è una populista perché è iper-politica - si è contraddetta numerose volte rispetto alla vita precedente, quando era all’opposizione. Basti pensare che nei giorni scorsi, alla fine, anche Fratelli d’Italia ha votato a favore della nuova Commissione Ursula von der Leyen (perché magari anche tra quelli che promettono di ridare tutto il potere al popolo c’è chi può entrare in crisi e non avere più così tanta fiducia in sé stesso). Trump per la verità sembra essere fedele a certi caratteri eversivi del populismo (come dimostra anche l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 202), quindi immune a processi di istituzionalizzazione. Ma è per questo che in democrazia esistono i preziosissimi contrappesi.
Pecore ElettricheIl ritorno di Trump esalta la sfiducia