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L’attuale governatore toscano Eugenio Giani e il suo possibile sfidante del centrodestra Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia
Firenze, 9 febbraio 2025 – Il destra-centro in Toscana conserva tuttora la rara capacità di farsi del male da solo. Parte svantaggiato (e non c’è bisogno dei sondaggi per saperlo) eppure si è attorcigliato sulla scelta del candidato presidente della Regione, che ancora non è stato ufficializzato. Non è la prima volta che accade, essendo la coalizione che attualmente governa Palazzo Chigi specializzata nella scelta dei candidati per ruoli apicali - sindaco, presidente di Regione - all’ultimo momento. Il che riduce le possibilità di recupero dello svantaggio.
Le campagne elettorali non si improvvisano e tantomeno si improvvisano le discese in campo degli aspiranti leader. Per quanto uno possa essere trasversalmente stimato come il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi, c’è bisogno di tempo per farsi conoscere in una Regione complessa come quella Toscana. E su questo il vantaggio competitivo del presidente della Regione uscente Eugenio Giani è innegabile: chiunque lo conosce in ogni angolo remoto del territorio. La disponibilità all’ascolto è uno dei tratti distintivi del suo modo di fare politica: anziché restare sotto il proprio cappello geografico e politico, Giani va ovunque. Il destra-centro dunque procede spedito verso l’autoinciampo. Non si spiega altrimenti l’ipotesi di candidatura alternativa a Tomasi del generale Roberto Vannacci.
Se c’è qualcosa che la destra potrebbe aver imparato in questi anni, non dalle sue sconfitte ma dalle sue vittorie alle Comunali (da Pistoia a Pisa), è che l’estremismo politico in questa Regione non paga: sarebbe un regalo gigantografico a chi a sinistra vede un ritorno del fascismo a ogni tweet di Elon Musk. E, aggiungiamo, forse dal punto di vista comunicativo non ha pagato e non paga tutt’ora dare a Giani del «mangia-tartine». In un’epoca di smaterializzazione dei rapporti sociali - via social e via Whatsapp - «esserci» ha acquisito un valore che il dibattito pubblico dovrebbe riscoprire. Peraltro esserci è esattamente quello che la destra ha fatto a Pisa, in quelle aree periferiche in cui il centrosinistra non si faceva più vedere (e così ha perso il voto dell’elettorato di sinistra che nel 2018 scelse la Lega e Michele Conti; una storia che si è ripetuta cinque anni dopo). Il dibattito interno agli sfidanti di Giani, peraltro, oscura le difficoltà della futura coalizione di centrosinistra. Che pure non mancano.
Il presidente uscente sogna una super coalizione che tenga tutti insieme, dal M5S a Renzi. Come possano stare insieme è un mistero, ma questa sembra essere la principale se non unica sfida del Campo Largo toscano. Di tutto questo però Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non possono parlare, perché sono impegnati a fare altro. Anni fa il centrodestra era accusato, tra il serio e il faceto, di consociativismo con il sistema di potere della sinistra. Da un po’ di tempo questa teoria cospirativa non esiste per fortuna più. È interessante notare che tra chi a suo tempo la propugnava c’erano esponenti della destra toscana, convinti che Forza Italia, allora egemone, non volesse per davvero vincere le elezioni. Adesso gli equilibri sono cambiati, ma non le dinamiche, ed è la destra che potrebbe essere facilmente accusata di non volerci neanche provare a conquistare la Regione Toscana.
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