Firenze, 19 gennaio 2022 - Conosco Vanni Santoni da diciassette anni, quindi ogni volta che esce un suo nuovo libro - evento che si verifica quelle due-tre volte l’anno…! - ho la fortuna di poter leggere due volte quel che ho di fronte. Leggo la storia e leggo il sottotesto, cioè tutto quello che Vanni ci infila sotto forma di easter eggs per noialtri che abbiamo il piacere di frequentarlo.
Cleopatra Mancini, sociologa e accademica cresciuta nel contesto borghese valdarnese prima di cadere in disgrazia, è la protagonista del libro che, spinta da una crisi o solo dal desiderio di ricerca o finanche dal risveglio, arriverà a fondare una comunità spirituale che assomiglia per molti versi a una setta. Per gli affezionati lettori di Vanni, Cleo è già il personaggio di un altro volume santoniano, “Muro di casse” e viene intervistata, nel corso della “Verità su tutto” per l’appunto da codesto V. che sta scrivendo un libro sui rave party.
Con “La verità su tutto” - spero Vanni non si offenda, ma dal mio punto di vista è un gran complimento - mi sono così trovato dentro un film della Marvel, il che farebbe di lui il nostro Stan Lee; se hai guardato tutti i film, dal primo Iron Man all’ultimo Eternals, capisci i rimandi, le battute, il contesto, finanche tutta la storia, nel suo complesso dunque. Non c’è tuttavia bisogno di Tony Stark o Capitan America per capire che cosa intendo; basta leggere Bret Easton Ellis, con i suoi Less than zero e American Psycho. Il protagonista di un romanzo è il personaggio minore di un altro, e via così. Vanni può oggi permetterselo anche perché ha creato un universo che gli permette di muoversi nelle storie che ha costruito in questi anni. Esiste insomma un ecosistema narrativo e persino geografico santoniano, dal Valdarno a piazza Brunelleschi. Ci sono voluti anni di lavoro e libri, ma ora c’è un’unica grande storia da raccontare, come fa Vanni, con divertito distacco. I libri che Laura, la fidanzata di Cleopatra, le consiglia di leggere, sono i libri che Vanni consiglia nei suoi corsi di scrittura. Cleopatra che racconta l’intervista di V. - quasi un retroscena giornalistico - e di come poi V. abbia utilizzato quei contenuti rimanda appunto al “Muro di Casse”, quel libro arancione che, in anteprima o forse no, Cleopatra riceve nella sua cassetta della posta al dipartimento di Sociologia all’Università di Firenze. I complottisti che spuntano in un altro cameo guarda caso sono no vax… Protagonisti di alcune incursioni giornalistiche di Vanni sul tema, preziosissimo in epoca pandemica, del complottismo. Non starò qui a rivelare poi gli easter eggs che riguardano una miriade di personaggi che tra il Valdarno e Firenze sono parte di un immaginario, quello lo considero un privilegio di lettore e di amico. Mi limito solo a ringraziarlo per averci sottilmente vendicati di una incresciosa vicenda, e qui davvero mi fermo. “Si poteva non fare il male?”, si chiede a un certo punto la protagonista, a pagina 98. Non so se sono rimasto condizionato dall’ottima fascetta con Nicola Lagioia, che ha pubblicato un libro stupendo dal titolo “La città dei vivi” (se non l’avete letto, fatelo) e che racconta una tragica vicenda in cui il male è il protagonista del libro; il male che può essere commesso da persone che non possono comportarsi diversamente. Però nelle pur vicende a tratti tragicomiche di Cleopatra Mancini, e dietro quella domanda, “si poteva non fare il male?”, mi pare ci sia un interrogativo sul libero arbitrio. Esiste il libero arbitrio? Ma una domanda del genere è legittima anche da parte di chi potrebbe benissimo essere una ciarlatana? Cerco di argomentare la domanda che mi sono appena posto. Ho riso molto leggendo “La verità su tutto”, che è ironico e oserei dire persino dissacrante fin dal titolo. Sembra che l’autore giochi persino sul filo della satira: questa Cleopatra Mancini che dialoga con Simone Weil è forse solo una delle tante imbonitrici (ma potrebbe anche essere un imbonitore) che spacciano fanatismo in cambio dell’ascesa al potere? E quale migliore trasfigurazione letteraria per raccontare l’epoca del populismo contemporaneo, quella in cui appunto gli imbonitori di professione raccolgono consensi facendosi portavoce dei cittadini? Mancini in fondo da giovane faceva la capopopolo nei Collettivi universitari, sicché mi viene il dubbio, leggendo il libro, che Vanni Santoni stia giocando, e di gusto, con la vanagloria degli impostori.