Firenze, 14 luglio 2024 - Pochi giorni – il Parlamento Europeo voterà il 18 luglio – e sapremo se Ursula von der Leyen sarà confermata alla guida della Commissione Europea. Cinque anni fa, l’allora candidata del Ppe fu oggetto delle attenzioni dei franchi tiratori. Fu eletta con i voti, determinanti, dei parlamentari del M5S. Anche stavolta non mancherà il fuoco amico. Su chi potrà contare dunque l’ex ministra della Difesa del governo tedesco? Tra le trattative più intense ce n’è una che ci riguarda da vicino. Ed è quella con Giorgia Meloni. Se la presidente del Consiglio non vuole intrupparsi e rimanere schiacciata fra le cinquanta sfumature di estremismo di destra, e dunque isolata per davvero in Europa, può solo partecipare al voto pro-von der Leyen.
Il riposizionamento degli schieramenti politici nel Parlamento europeo d’altronde impone qualche significativa svolta. Il neonato gruppo dei Patrioti raccoglie la destra orbaniana, dal Rassemblement National alla Lega, apertamente ostile a von der Leyen. Lo vicepresiede, tra gli altri, il generale Roberto Vannacci, la cui nomina però non piace nemmeno al partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Che il generale sia troppo estremista persino per l’estrema destra francese? I Patrioti sono in campagna acquisti, hanno persino ingaggiato Vox, estrema destra spagnola, sfilandolo al partito europeo di Meloni, i Conservatori e Riformisti Europei.
Dunque, per la presidente del Consiglio si ripropone, con ancora più forza la domanda delle settimane scorse: che fare con von der Leyen? Votare a favore di un nuovo mandato per la presidente uscente della Commissione o schierarsi contro, aggiungendosi quindi alla schiera degli estremisti di destra guidati da Orbán? Ci sono molte ragioni che potrebbero spingere Meloni verso un accordo con il Partito Popolare Europeo su von der Leyen, con cui peraltro non è mai mancato un ottimo rapporto. Tra queste ragioni ce n’è anche qualcuna di prospettiva. La politica estera di Orbán, come si capisce dalle prime mosse del semestre a guida ungherese, non è la stessa di Meloni. Il viaggio chéz Vladimir Putin del premier dell’Ungheria è l’esempio più eclatante, ma non è e non sarà l’unico.
Resta ancora da capire come stanno andando davvero le trattative di questi giorni. Che cosa può ottenere l’Italia? Dopo le elezioni europee di un mese fa, il governo aveva chiesto la vicepresidenza della Commissione e un commissario di peso per il nostro Paese. Nelle indiscrezioni di questi giorni si parla di deleghe a Pnrr e Bilancio, magari da affidare a Raffaele Fitto, attuale ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e il PNRR. Un ministro che fin qui ha dimostrato di sapersi muovere con accortezza in Europa. Da parte di Fratelli d’Italia, ha detto lo stesso Fitto, "non c’è ancora un orientamento, perché si tratta di capire l’evoluzione che ci porterà il 18 luglio e anche di ascoltare quello che si dirà nei confronti che avremo, preventivamente, con la presidente von der Leyen e nel merito del suo discorso di programma. Non è che votiamo sulla base di simpatie o antipatie. Votiamo sulla base di un programma", ha detto ancora Fitto. È sembrata un’apertura a von der Leyen (o forse solo un modo per facilitare le negoziazioni).