Siena, 2 agosto 2021 - La trattativa Unicredit-Mps atterra sulla campagna elettorale per le suppletive d’autunno. O forse sarebbe meglio dire che sono le suppletive a piombare sull’eventuale acquisizione dello storico istituto di credito senese.
In ogni caso, è in corso una evidente sottovalutazione da parte della politica romana: Enrico Letta, a leggere certi retroscena, pare essere convinto che non ci saranno conseguenze significative sulla sua candidatura nel collegio parlamentare di Siena.
In realtà, il Pd senese ha scelto il suo segretario nazionale come candidato - preferendolo a Beppe Conte - nella speranza di una risoluzione di quegli atavici problemi che lo stesso Pd aveva contribuito in maniera determinante a creare (l’acquisizione di banca Antonveneta è solo uno dei tanti).
Giova ricordare che nel 2018 Pier Carlo Padoan, che a proposito di porte girevoli oggi presiede per l’appunto Unicredit, vinse soltanto di 4 punti contro il leghista Claudio Borghi, e che alle elezioni amministrative dello stesso anno a Siena ha vinto il centrodestra.
Certo nel frattempo tutto è cambiato. La Lega si è indebolita, sì, ma non è l’unica. Anche il M5s, oggi alleato del centrosinistra, non vale certo il 22 per cento delle elezioni politiche del 2018.
Ma sarebbe un errore spiegare la complessità di Siena in termini soltanto di addizioni e sottrazioni fra partiti in crisi, privilegiando un occhio romanocentrico. C’è anche un elemento pre-politico, antropologico. Per anni la città ha vissuto al di sopra dei propri mezzi grazie a una commistione tutt’altro che virtuosa fra politica e finanza.
Ma quell’epoca è finita. Siena non è più la città che poteva contare sul “groviglio armonioso”, come da esatta definizione di Stefano Bisi, oggi Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Per un motivo semplice: sono finiti i quattrini.
La città ha affrontato una crisi socio-economica molto dura (la pandemia non ha certo aiutato), e negli anni ha perduto la propria centralità, anche quella presupposta, in ogni ambito della propria dimensione. Si pensi soltanto al disastro sportivo della Mens Sana.
Non ci si può approcciare al caso Siena-Mps senza aver prima compreso i tratti essenziali della senesità. Li colse Henry James nelle “Ore italiane” descrivendo il Palazzo Pubblico, sede del Comune: “Sul solido bordo del palazzo, dalla base che sporge a guisa di mensola, alla sommità grigia proiettata contro il cielo, si erge una torre alta e snella, che si libra sempre più in alto, finché non ha annunziato la grandezza della città oltre i monti cilestrini che segnano l’orizzonte. Si alza diritta e slanciata come la lancia piantata sulla calzatura ferrata di un cavaliere, chiusa in sé nell’azzurro, ben superiore alle mutevoli mode del mercato, con l’orgogliosa consapevolezza e l’arroganza rara che un tempo furono cementate in lei. Questa torre magnifica, la cosa più bella che c’è a Siena e, nella sua rigida struttura, immutabile e splendida come un nobile naso su un volto di non importa che età, simboleggia ancora una dichiarazione di indipendenza di fronte alla quale la nostra, buttata giù a Filadelfia, sembra aver fatto poco più che cedere irrimediabilmente al tempo. La nostra indi- pendenza si è trasformata in una dipendenza da migliaia di cose tremende, mentre l’incorrotta dichiarazione di Siena ci colpisce perché guarda in eterno al di sopra di quel livello”.
Siena ha “mantenuto le apparenze” inalterate per l’occhio, visto che il loro numero eguaglia o quasi quello dell’immaginazione. “Altri luoghi possono forse offrirvi un sonnolento odore d’antichità, ma pochi lo esalano da un’area così vasta. Ammassata all’interno delle sue mura, su una serie di colli stretti l’uno accanto all’altro, in ogni momento vi mostra in che modo grandioso un tempo ha vissuto; e se ormai la gran parte di quella grandiosità è svanita, il ricettacolo delle sue ceneri è ancora ben saldo. Quest’enfasi opprimente ed onnipresente sul passato è ciò che la città tiene in continuazione a portata del vostro sguardo e del vostro udito e se siete solo un visitatore ammirato, ma fortuito, ciò che potrete offrirle è per lo più una risposta generalizzata”.
A differenza di pochissimi anni fa, quell’“orgogliosa consapevolezza” sembra aver lasciato spazio a una consapevole rassegnazione. Non di tutti, beninteso. Ma il numero di esuberi, 5-6 mila, è un tema complesso ed entra nel cuore di Siena, non solo delle sue varie campagne elettorali.
In fondo il destino di Letta è ben poca cosa di fronte alle attese di una comunità. Come disse una volta Emilio Giannelli, vignettista del Corriere della Sera: “A Siena ci sono tre categorie: quelli che lavorano al Monte, quelli che lavoravano al Monte, quelli che vorrebbero lavorare al Monte”. Pensare che non ci saranno conseguenze dirette fra la gestione del caso Mps e le avventure politiche dei politici romani denota quantomeno ingenuità. Niente è più come prima.