DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

Trump contro Kamala gioca la carta identitaria

La vaghissima impressione è che Donald Trump si stia fregando con le proprie mani

Kamala Harris e Donald Trump

Kamala Harris e Donald Trump

Firenze, 11 agosto 2024 – La vaghissima impressione è che Donald Trump si stia fregando con le proprie mani. L’ex presidente degli Stati Uniti era pronto per affrontare Joe Biden a colpi di insulti sull’età e le sue capacità cognitive. Ora però c’è Kamala Harris e l’argomento della salute - sarà o non sarà affetto da demenza, Joe Biden? - e quello dell’età - sarà o non sarà troppo vecchio, Joe Biden? - non funzionano più. Improvvisamente, quello vecchio è diventato Trump. E adesso? La campagna elettorale trumpiana per la verità aveva trovato il modo di colpire Harris, concentrandosi sull’ondivaghezza e la volatilità delle sue proposte.

Epperò alla fine il candidato presidente dei Repubblicani si è buttato sulla questione identitaria dell’attuale vicepresidente: "È nera o indiana?", ha chiesto Trump giorni fa a Chicago davanti ai membri della National Association of Black Journalists: "È sempre stata di origine indiana e promuoveva l’eredità indiana. Non sapevo che fosse nera fino a qualche anno fa, quando è diventata nera, e ora vuole essere conosciuta come nera. Quindi non so, è indiana o è nera?", si è chiesto Trump. Ma per gli americani le questioni importanti sono altre, ha osservato David Winston, sondaggista repubblicano: "In definitiva, il nocciolo di queste elezioni riguarda le questioni economiche. Ogni volta che non si parla di questo, si perde l’opportunità di coinvolgere gli elettori indipendenti". E gli elettori indipendenti "decidon o sempre chi vince le elezioni", ha aggiunto Winston. Trump deve trovare altre strategie per reagire: la vivacità di Harris si nota anche nei sondaggi, grazie alla ritrovata mobilitazione della base elettora le.

Come ha raccontato il Wall Street Journal , l’idea era, appunto, quella di attaccare Harris per le sue policies ondivaghe, ma Trump che come al solito ha esagerato, e neanche poco. Comunque, c’è ancora da capire quanto tempo durerà l’effetto Harris: a luglio ha raccolto 310 milioni di dollari (una parte rilevante dei quali ricevuta da nuovi donatori). Prima del ritiro, Biden era indietro di tre punti (e prima del famoso o famigerato dibattito televisivo, c’era soltanto un punto di distacco fra Biden e Trump). Dopo il ritiro, invece, la dinamica è cambiata ed è, secondo Nate Silver, a favore dei Democratici in tutti gli swing states: Arizona (+3,1 %), Georgia (+2,6), Michigan (+3,8), Wisconsin (+0,9), Pennsylvania (+1,1), Carolina del Nord (+1,8). "Questo vale in particolare per il Michigan, vinto da Biden nel 2020 con soli 2,78 punti di vantaggio su Trump. In Pennsylvania, Stato che i democratici devono vincere per avere una possibilità di conservare la Casa Bianca, Harris è in vantaggio su Trump di 0,5 punti", osserva la rivista Le Grand Continent diretta da Gilles Gressani.

La partita ora si sposta (anche) nel Midwest, regione dalla quale provengono sia il candidato vice-presidente di Trump, J.D. Vance, sia il candidato vice-presidente scelto da Harris, Tim Walz, governatore del Minnesota. Assai progressista, è più affine al profilo politico-culturale di Harris del moderato Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania. Così come lo è Vance per Trump. La polarizzazione dello scontro negli Stati Uniti, insomma, aumenta.

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