DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

Salvini, il popolo cambia. E il rapporto è diverso

L’epoca delle passioni tristi placa anche i rivoltosi, quelli veri e gli aspiranti; quando mancano le motivazioni e gli incentivi. A parte i parlamentari precettati, il popolo non c’era a Palermo forse più preoccupato dall’interpretazione autentica della legge di bilancio

I leghisti chiamati a raccolta da Salvini a Palermo nei giorni scorsi per il processo Open Arms

I leghisti chiamati a raccolta da Salvini a Palermo nei giorni scorsi per il processo Open Arms

Firenze, 27 ottobre 2024 – C’era il rischio che diventasse la nostra Capitol Hill, la manifestazione leghista convocata il 18 ottobre a Palermo, dove Matteo Salvini è impegnato nel processo Open Arms a suo carico. Per fortuna non è stato così. L’epoca delle passioni tristi placa anche i rivoltosi, quelli veri e gli aspiranti; soprattutto quando mancano le motivazioni e gli incentivi. A parte i parlamentari precettati, il popolo non c’era, a Palermo, forse più preoccupato dall’interpretazione autentica della legge di bilancio che non dalle proteste per i dubbi (quelli sì, legittimi) sulle decisioni della magistratura su Salvini. La capacità di movimentare spirito e consenso degli italiani del ministro dei Trasporti non è più la stessa, senz’altro, di quella dell’ex ministro dell’Interno. Sono la stessa persona, ma cinque anni di distanza hanno trasformato il suo rapporto con il popolo. D’altra parte, molte parole la destra leghista ha speso sulla difesa dei confini, sull’aiutarli a casa loro, sui porti chiusi (ma in realtà sempre aperti), realizzando poco se non pochissimo di quanto annunciato. Così il patto sociale fra Salvini e il suo vecchio elettorato pare mutato. Mentre Donald Trump riesce - per ora; il 5 novembre si vedrà - in una elaborata operazione di costruzione e ricostruzione di una narrazione complottista, perfettamente funzionante, che gli consente di competere per le elezioni presidenziali, rischiando pure di vincerle, i nostri aspiranti trumpiani non sanno come fare per recuperare il filo perduto dell’attenzione dell’elettorato. Anche perché, e qui sta un elemento di ulteriore difficoltà per il salvinismo, il patto sociale con Giorgia Meloni invece appare ben saldo.

Nonostante le difficoltà della maggioranza, che pure non mancano (compreso il passo falso sull’Albania, che non può certamente essere omesso o sottovalutato), la presidente del Consiglio rimane il collante dell’esecutivo e dei partiti che lo sostengono. È la leadership di Meloni la garanzia più autentica del governo. È quello che la sinistra, Campo Largo o come si chiama, non ha (ma prima o poi un capo le servirà).

Per qualcuno la fase dell’insorgenza è insomma finita. Le immagini di Palermo riportano Salvini in un altro tempo, in un altro luogo della politica. Ma sono altri tempi, altre epoche, altre storie. Sono ricordi, non politica attiva (o presunta tale). Quella in cui bastava una diretta Facebook o giù di lì del segretario leghista sull’allarme invasione, i migranti, eccetera eccetera, per fare il 34 per cento. L’epoca del gentismo non è finita, certamente, ma la rivolta contro le élites in alcuni momenti prende altri canali. Si istituzionalizza. Ne sanno qualcosa persino i Cinque Stelle, che da piromani sono diventati pompieri (e ora rischia pure di saltare il Garante Beppe Grillo per mano di Beppe Conte in pochette, l’apoteosi finale). E non solo perché i parlamentari eletti col M5S via via si sono imborghesiti, ma anche perché lo stesso elettorato che li aveva votati s’è ridotto, iniziando ad astenersi, in preda allo smarrimento. Ci si astiene non solo come risposta ai partiti tradizionali nei quali non si crede più, ma anche come risposta ai partiti neo populisti che non hanno dato risposte all’assalto al cielo. Anche l’insurrezione ha un suo canone da rispettare per continuare a esistere.

[email protected]