David Allegranti
Pecore Elettriche
Editoriale

Il complotto ovunque fa rima con populismo

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 2 giugno 2024 - La condanna nel processo sui pagamenti a Stormy Daniels non impedirà a Donald Trump di correre per la Casa Bianca. La Costituzione americana dice che il presidente deve avere almeno 35 anni, essere nato negli Stati Uniti e averci vissuto per almeno 14 anni. Non c’è niente sulle condanne penali e ancora non è chiaro se si possa applicare anche al presidente il 14esimo emendamento della Costituzione che impedisce a chiunque "abbia preso parte a un’insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici" - come sarebbe nel caso della rivolta del 6 gennaio 2021 - di diventare senatore o rappresentante del Congresso. Al momento, saranno dunque gli elettori alle elezioni presidenziali del 5 novembre, come ha peraltro detto Joe Biden, a condannare o no il loro ex presidente, che per ora non è stato frenato da niente e nessuno.

A gennaio di quest’anno, un tribunale federale degli Stati Uniti ha stabilito il pagamento di 83,3 milioni di dollari alla giornalista e scrittrice E. Jean Carroll, che lo aveva accusato di aver danneggiato la sua reputazione smentendo di averla aggredita sessualmente; Trump nel 2023 era stato infatti condannato per abuso sessuale, non per stupro - la differenza è legalmente sensibile - e costretto a pagare 5 milioni di dollari all’autrice di una delle rubriche di consigli più longeve dell’editoria americana, "Ask E. Jean", pubblicata sulla rivista Elle dal 1993 al 2019. Ma Trump non è stato fermato neanche dai suoi compagni di partito. Ha trionfato alle primarie, battendo anche la candidata che gli aveva dato più filo da torcere, Nikki Haley.

Il comitato elettorale di Trump ha annunciato di aver raccolto, nelle ventiquattrore successive alla condanna, quasi 53 milioni di dollari di donazioni. Una cifra impressionante arrivata anche grazie ai già rodati schemi retorici di Trump, che ha già bollato la condanna come un processo politico. È dal 2016 che l’ex presidente mette in dubbio la correttezza della procedura elettorale. Quattro anni fa, dopo le elezioni perse, Trump denunciò presunti brogli ai suoi danni. E sono nati i disordini e l’assalto di Capitol Hill. Il New York Times qualche giorno fa ha analizzato la strategia comunicativa di Trump. Da quando ha annunciato la sua candidatura, il miliardario americano in media una volta al giorno parla di "interferenze" nelle elezioni presidenziali e accusa i Democratici di voler barare. A furia di ripeterlo, qualcuno - o più di qualcuno - ci crederà.

Le balle sono fatte infatti per essere reiterate, diffuse, espresse a ripetizione. Il meccanismo di Trump è perfettamente oliato, soprattutto in un mondo in cui c’è gente disposta a credere che 2 + 2 non fa 4 se c’è qualcuno che glielo spiega con la dovuta fermezza: sono i poteri forti che vogliono farci credere che 2+ 2 fa 4, c’è evidentemente un complotto, non vogliono farci vedere la verità, questi politicanti di Washington, eccetera eccetera. La retorica del complotto fa il paio con il populismo; i populisti fanno infatti ricorso ai complotti per spiegare perché sia necessario moralizzare la politica e perché sia necessaria una rivolta del popolo contro le élite dominanti. Trump per anni ha campato politicamente così. E nel 2024 niente è cambiato.

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